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Delitto di via Poma, "Il killer di Simonetta Cesaroni è il figlio di Vanacore?": l'ultima pista dei carabinieri

Punta tutto sul figlio del portiere dello stabile di via Poma, Mario Vanacore, l’informativa che i carabinieri hanno consegnato ai magistrati della procura di Roma nell’ambito della nuova indagine sull'omicidio di Simonetta Cesaroni, la ragazza trovata morta in un ufficio nell’agosto del 1990.

Secondo quanto scrive l’edizione online di Repubblica, infatti, i militari avrebbero ricostruito ogni singolo passo di quella giornata, anche se per i pm non basta a proseguire nell’inchiesta.

Proprio il 13 dicembre scorso, infatti, la Procura ha chiesto l’archiviazione del fascicolo che era stato aperto nel marzo del 2022 dopo un esposto presentato dai familiari della ragazza uccisa con 29 coltellate. Secondo quanto scritto nero su bianco dai carabinieri, ad uccidere Simonetta Cesaroni sarebbe stato proprio Mario Vanacore, il figlio del portiere del condominio che per venti anni avrebbe coperto le responsabilità del figlio fino a suicidarsi.

Si tratta di «ipotesi e suggestioni», come scrivono i magistrati di piazzale Clodio, che «non consentono di superare le forti perplessità sulla reale fondatezza del quadro ipotetico tracciato». Nel documento sul tavolo dei pm, i carabinieri scrivono che il pomeriggio del 7 agosto 1990 Mario Vanacore entra negli uffici di via Poma, dove Simonetta Cesaroni lavorava da circa due mesi come segretaria.

Trovatosi inaspettatamente davanti alla ragazza - scrive Repubblica - avrebbe tentato di violentarla, ma Cesaroni riuscì a colpirlo ferendolo.

A quel punto l’uomo l’avrebbe picchiata e uccisa colpendola ventinove volte. A coprire le responsabilità di Mario Vanacore sarebbero stati gli stessi genitori, Pietrino e Giuseppa De Luca, che avrebbero mentito agli investigatori nella fase delle indagini tirando in ballo anche il datore di lavoro di Simonetta Cesaroni, Salvatore Volponi.

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