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Situazione critica negli ospedali, serve un piano sicurezza: pronti 11 miliardi per l’edilizia sanitaria

Non si può più aspettare. Troppi ospedali pubblici versano in una situazione critica, come ha mostrato il recente incendio all’ospedale di Tivoli in cui hanno perso la vita tre persone. Per una volta non è un solo problema di risorse: da anni esiste un tesoretto inutilizzato e destinato proprio all’edilizia sanitaria che la Corte dei Conti ha stimato in circa 10,5 miliardi.

Il nodo risiede soprattutto nelle procedure che rendono difficile l’utilizzo dei fondi e la realizzazione degli interventi. Nasce da questa situazione una risoluzione bipartisan, a prima firma del senatore Francesco Zaffini (FdI), che sarà esaminata mercoledì dalla commissione Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale del Senato. La risoluzione chiede al Governo di mettere in atto «un piano straordinario e urgente per la messa in sicurezza del patrimonio sanitario pubblico», «tenuto conto dell’attuale situazione critica in cui versano diverse strutture del patrimonio sanitario pubblico».

Punta soprattutto a superare «la farraginosità e la lunghezza dell’iter» per l’impiego delle risorse destinate all’edilizia sanitaria. Identifica, però, anche le fonti di finanziamento: le risorse già destinate all’edilizia sanitaria e non utilizzate, a cui aggiungere "risorse a disposizione dell’Inail» e, per le regioni del Sud, "risorse del fondo per la coesione».

Inoltre, punta a rendere più efficiente il loro utilizzo adottando un «metodo Pnrr», che comprenda scadenze per ogni fase di avanzamento della procedura, meccanismi di monitoraggio e di rendicontazione. Le aziende sanitarie e ospedaliere plaudono alla misura. Si "va nella giusta direzione», afferma il presidente Fiaso (Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere) Giovanni Migliore che ha ricordato che come l’organizzazione avevano già denunciato «la difficoltà delle aziende sanitarie nei percorsi di attuazione della normativa». Dello stesso avviso la presidente di Federsanità Tiziana Frittelli: «Dobbiamo guardare all’ospedale non solo nella prospettiva della realizzazione di nuove strutture, ma di quella, assai più frequente, d’interventi di riqualificazione e riadattamento dell’esistente».

La palla passa ora al Governo. Intanto, però, il processo di ammordernamento degli ospedali subisce una battuta d’arreso. Come segnala il Sole 24 Ore, la rimodulazione del Pnrr, proposta dall’Italia e approvata dall’Ue lo scorso 8 dicembre, ha previsto il differimento della scadenza per la sostituzione di almeno 3.100 grandi apparecchiature sanitarie da dicembre 2024 a giugno 2026.

Lo slittamento, si legge sul sito del Governo dedicato al Pnrr, si è reso necessario «principalmente a causa dell’aumento dei prezziari, dei ritardi nell’approvvigionamento delle materie prime e delle necessità organizzative dei soggetti attuatori».

Il ritardo, in realtà, potrebbe derivare dalla richiesta avanzata da alcune Regioni: alcuni ospedali non sarebbero pronti a sostituire i dispositivi. Resta il fatto che il parco tecnologico, già vetusto, invecchierà ancora. Secondo dall’Osservatorio parco installato (Opi) di Confindustria dispositivi medici quasi 37mila apparecchiature di diagnostica per immagini presenti negli ospedali pubblici e privati italiani non sono più in linea con lo stato dell’arte della tecnologia esistente. Per esempio, secondo la rilevazione, il 42% delle Tac ha ormai superato il periodo di turnover, la quota raggiunge il 54% per le risonanze magnetiche, il 95% per mammografi convenzionali e il 35% per quelli digitali. Bisognerà aspettare ancora due anni per vederli sostituiti.

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