
In ricordo di Mario Francese, il giornalista di giudiziaria del Giornale di Sicilia ucciso dalla mafia 45 anni fa. Istituzioni e studenti si sono dati appuntamento stamattina (26 gennaio) in viale Campania a Palermo, davanti alla targa che ricorda il cronista, ucciso a colpi di pistola nel 1979, mentre tornava a casa.
«L’Associazione siciliana della stampa ogni anno commemora Mario Francese, eroe del giornalismo, maestro per tutti i cronisti siciliani - dice Giuseppe Rizzuto, segretario di Assostampa Sicilia -. L’esempio dell’impegno in una professione che vuole portare l’informazione ai cittadini, anche con il sacrificio. Questo ha rappresentato per noi Mario Francese in questi anni. Il suo sacrificio è patrimonio collettivo di tutti i giornalisti italiani». Presente anche Giulio Francese, il figlio del giornalista ucciso: «Anche il giornalismo ha pagato un prezzo altissimo – dice Francese -. In Sicilia sono stati 8, non dimentichiamolo mai, e anche oggi nel giorno dell’anniversario della morte di mio padre, dobbiamo ricordare i sacrifici degli altri giornalisti siciliani uccisi che hanno pagato con la vita l’amore per la verità e per la giustizia».
Ma nelle sue parole anche un po' di rammarico: «È stata una conquista – aggiunge Giulio Francese – perché, come dimostra la targa, per 27 anni non si è fatto nulla, Mario Francese non è stato ricordato in questa città. A differenza di coloro che parlano di liturgie e commemorazioni, io ho un concetto diverso. Commemorare significa ricordare non solo una persona generosa che ha dato la vita per questa città e per la sua professione ma significa anche assumersi impegno e responsabilità».
Il prefetto di Palermo, Massimo Mariani, ricorda i giornalisti «che pagano sempre un prezzo altissimo per il solo fatto di fare il proprio mestiere, quello di informare che non fa comodo a certi poteri». A rappresentare i giornalisti siciliani, il presidente dell’Ordine, Roberto Gueli che ricorda Mario Francese come «un giornalista che ci ha insegnato che le inchieste si fanno sul campo, si consumano le suole e soprattutto si confrontano le fonti. Per questo suo insegnamento, per il suo modo di fare giornalismo ha pagato con la vita. Deve essere un punto di riferimento per la nostra categoria, così come gli altri colleghi che ricordiamo sempre all’interno della nostra sede che hanno perso la vita sul campo, facendo il nostro lavoro. Insegnamento che deve essere messo in evidenza sopratutto per i giovani che si avvicinano a questa professione minacciata, che vuole essere imbavagliata ma è chiaro che l’Ordine dei giornalisti nazionale e regionale, questo non lo consentirà».
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