«Improvvisamente qualcuno si è accorto della mia voce nel deserto. Ma io sono un uomo d’azione, quanto successo finora sono chiacchiere, i fatti sono un’altra roba. Anche se la telefonata Meloni-Orban è un’ottima notizia». Lo dice in un’intervista a La Repubblica, Roberto Salis, papà di Ilaria che dopo 11 mesi è riuscito a vedere l’ambasciatore italiano a Budapest: «È la prima volta - spiega -. Evidentemente da febbraio scorso ha avuto impegni più gravosi che occuparsi di mia figlia». Insieme «abbiamo studiato un piano per provare a riportarla a casa che dovrà essere validato dai ministri della Giustizia e degli Esteri - aggiunge -. A quel punto gli avvocati in Ungheria potranno fare richiesta di domiciliari». Salis trova assurdo "che lo Stato italiano non riesca a dire a un altro Stato dell’Unione europea 'siamo in grado noi di garantire i controllì». Il padre di Ilaria Salis ha chiesto inoltre «che il piano tenga in massima considerazione la tutela della sicurezza di Ilaria e della sua famiglia. Lunedì nell’aula del processo c'erano quattro neonazisti. Ed è assodato che ci siano canali di comunicazione tra nazisti ungheresi, tedeschi e italiani. Un loro blog ha pubblicato il nome, la foto e l’indirizzo di mia figlia». Tajani finora non l’ha mai chiamato e per quanto riguarda le condizioni di detenzione della maestra, l’Ambasciata italiana ha partecipato «ad almeno quattro udienze in cui Ilaria è stata portata dal giudice in quelle condizioni. Noi, fino alla sua lettera, non sapevamo del trattamento che stava subendo». Sua figlia «è stata lasciata in carcere senza assorbenti, due agenti hanno cercato di interrogarla in inglese: torture, umiliazioni e pressioni per farle confessare qualcosa». La cosa più importante ora «è levarla da una situazione insostenibile - sottolinea - per poi fare il processo in condizioni umane»