In paese tutti ormai lo chiamano il mostro. Ma nessuno vuole parlare di lui. Perché nessuno lo conosce. Tra le strade dissestate e scoscese di Casteldaccia, Giovanni Barreca, l’uomo che ha confessato di aver ucciso, dopo sevizie e torture e in preda al fanatismo religioso, la moglie Antonella Salamone e i due figli Kevin ed Emmanuel «per liberarli da Satana», è un fantasma. Eppure nel paese a pochi chilometri da Altavilla Milicia è passato dopo aver commesso la strage. È lì che si è consegnato ai carabinieri, poco prima dell’una del mattino di domenica 11, dopo averli chiamati con parole farneticanti, sconnesse: «Quando uno vuole fare la volontà di Dio, gli spiriti si ribellano...».
Il muratore ha bloccato la corsa della sua auto davanti il frequentato bar Tebì. «Abbiamo saputo che si è fermato qui vicino, questa è una zona di passaggio. È terribile quello che è accaduto», racconta un signore mentre gusta il caffè. Il commesso, dietro al bancone, sceglie la via del silenzio. Ma perché fuggire dalla casa degli orrori dopo aver commesso gli atroci delitti, ai danni di moglie e figli, con la complicità dell’altra figlia diciassettenne (che ha ammesso i fatti) e con Massimo Carandente e Sabrina Fina, i due sedicenti fratelli di Dio, che invece negano? Perché andare da Altavilla al paese vicino? C’è un legame profondo tra Barreca e Casteldaccia e per comprenderlo bisogna risalire ad alcuni documenti.
Barreca è nato il 22 maggio 1970 in provincia di Como, a Erba. Paese balzato agli onori della cronaca per quella che è conosciuta come la strage di Erba, protagonisti Olindo Romano e Rosa Bazzi, avvenuto l’11 dicembre 2006 e oggi oggetto di un’istanza di revisione giudiziaria. Giochi del destino. Barreca è nato dall’unione dei suoi genitori: Gaetano, morto nel 2014 e Isabella Landolina, novantenne affetta dal morbo di Alzheimer e attualmente ospite in una Rsa ad Altavilla.
Giovanni non è figlio unico: la sorella gemella Rosaria è morta nel 2021 a seguito di alcune complicanze causate dal Covid-19, Placido e Angelina, detta Lina, non sono residenti a Casteldaccia e di loro non si hanno tracce. L’intera famiglia lascia la Lombardia e si trasferisce a Casteldaccia nel 1973. Dopo due anni, il padre trova lavoro ad Altavilla Milicia e da allora la residenza di Giovanni Barreca rimarrà sempre nel paese, adesso - come Erba, il suo luogo natio - tristemente associato alla strage. Ma c’è una nuova parentesi settentrionale, stavolta in Piemonte, per l’esattezza a Novara, dove nel 2019 Barreca sarebbe entrato in contatto con un gruppo simile a una setta che si rifaceva al culto evangelico. Lì avrebbe radicalizzato il suo distorto credo religioso, tracimato in fanatismo.
A Novara era andato per lavorare, ma anche lì non gli era andata bene: cosa che aveva inasprito i rapporti con la moglie e che, dopo qualche anno lo aveva convinto a tornare giù, in Sicilia. Ad Altavilla, nella casa di contrada Regia trazzera marina Granatelli.
Barreca si arrangia come muratore: piccoli lavori saltuari, ritinteggia gli interni delle case. Sul profilo Facebook è ancora pubblicato il suo tariffario. Pochi mesi fa ha lavorato nell’appartamento di Franco, nome di fantasia, ad Altavilla Milicia. «Barreca era una persona molto strana. Ma mai avrei pensato che sarebbe arrivato a tanto - racconta l’uomo -. Lui parlava sempre di Vecchio e Nuovo Testamento, aveva le sue convinzioni su Dio e sulle interpretazioni della Bibbia. E io gli davo corda. Appena però ho letto la notizia della strage mi sono venuti i brividi. Ho pensato che se Barreca si fosse convinto che io fossi posseduto dal male, magari a quest’ora non starei parlando con lei». Riflessioni a margine in una storia da brividi. Ma torniamo a Casteldaccia.
Il legame di Barreca col paese è dato dalla presenza di due parenti: la zia, Maria Loreta Landolina e la cugina Rita Landolina. I rapporti fra di loro e Giovanni sarebbero tesi da anni. In una palazzina a due piani, fra strade gravide di buche, riempite dall’acqua di una pioggia battente, vive la zia Maria Loreta. Al citofono la voce è sottile. La donna si affaccia dal balcone superando la fitta tenda di bambù a rullo. Capelli biondi, occhiali spessi, un maglione nero. «Lei chi è?», dice. Basta pronunciare il nome di Giovanni Barreca per non avere più il tempo di continuare la conversazione. Non c’è neanche il tempo di fare la domanda. Solo un gesto e una smorfia di disappunto e sconcerto. Nessuna parola sul nipote, sulle sue abitudini, sulla sua vita. Nemmeno un pensiero nei confronti del piccolo Emanuel, Kevin e Antonella.
Percorrendo la lunga via del Calvario, nel deserto di un paese che alle tre del pomeriggio sembra senza vita, percorrendo alcune strade, si arriva al negozio di alimentari di proprietà della famiglia di Rita Landolina, cugina di Giovanni Barreca. Al suo interno una commessa dietro la cassa dice: «Qui non l’abbiamo mai visto».
La cugina vive in una strada stretta che poi si allarga in una piccola piazza governata dalla statua candida di una Madonna. Al secondo piano di un edificio bianco sembra non ci sia nessuno. Le serrande sono abbassate e il citofono, nonostante i numerosi tentativi, rimane muto. La padrona di casa tramite altre fonti fa sapere di non volere parlare. Silenzio, ancora silenzio.
Lunedì nessun familiare di Giovanni Barreca si è presentato alla camera ardente allestita ad Altavilla Milicia. E il rapporto con i membri della famiglia, almeno con quelli rimasti a Casteldaccia, negli anni sembra essersi sgretolato. Loro non parlano. Per il paese Barreca ormai è solo il mostro.
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