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Mafia, “decapitato” il mandamento di Brancaccio: 9 arresti. Risposta all'omicidio Romano dello Sperone I NOMI

Colpo al mandamento mafioso di Brancaccio, a Palermo. Eseguiti otto arresti dalla polizia di Stato coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia. Gli indagati, raggiunti dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere, sono accusati di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione aggravata dal metodo mafioso, traffico di stupefacenti e detenzione illegali di armi.

La mafia di Brancaccio e i collegamenti con l'omicidio dello Sperone

Vi è un chiaro collegamento, per gli inquirenti, tra il dinamismo criminale di Brancaccio, i suoi interessi nel mondo della droga, ma anche in quello delle scommesse clandestine e dei giochi illegali, con gli ultimi atti di violenza, in particolare il recente omicidio allo Sperone. In tale ambito sarebbe scaturita, infatti, secondo la Dda di Palermo e la polizia di Stato, la recente vicenda che nei giorni scorsi è sfociata, con le tipiche modalità in stile mafioso, nell’omicidio di Giancarlo Romano, nonché nel grave ferimento di un altro uomo legato al contesto indagato, i cui presunti responsabili sono stati già sottoposti a provvedimento restrittivo della Direzione distrettuale antimafia. Il blitz dunque, con l’arresto oggi di otto persone del cruciale mandamento di Brancaccio, viene spiegato, «è una risposta immediata al recente dinamismo criminale che ha interessato il territorio di Brancaccio, anche nelle forme violente attraverso l’utilizzo di armi in strada».

Arduino intimò a un operaio edile di chiudere il cantiere

Dall'indagine è emerso che tanti esercizi di autodemolizioni, hotel, pasticcerie e fast food della zona di via Messina Marine, corso dei Mille e viale Regione Siciliana pagavano il pizzo, anche in natura, con le cassate regalate agli uomini di Giuseppe Arduino, esponente di spicco della mafia di Brancaccio, uscito dal carcere, che si era rimesso a girare in lungo e in largo con uno scooter che non avrebbe potuto guidare perché senza patente, perché sottoposto alla sorveglianza speciale. Arduino imponeva il pizzo, controllava chi stava eseguendo lavori di ristrutturazione, chi doveva fermare i cantieri perché non si metteva in regola. Un controllo del territorio costante e continuo. In un bar dove si stavano eseguendo lavori di ristrutturazione, lo scorso 12 luglio, il boss si rivolse a un operaio e gli disse di interrompere i lavori e andare via. Poco dopo l’operaio chiamò al telefono qualcuno che arrivò a bordo di un furgone. Il dipendente prese alcuni attrezzi chiuse la saracinesca salì sul mezzo e andò via.

Intercettazioni: i familiari temevano l'arresto del boss

I familiari del boss Giuseppe Arduino erano consapevoli che il familiare rischiava di essere di nuovo arrestato. E’ quanto hanno accertato gli uomini della Squadra mobile di Palermo durante le intercettazioni ambientali e telefoniche, nell’ambito dell’inchiesta che ha portato all’arresto di 9 persone delle cosche di Brancaccio e Sperone. Dentro un’auto, in via Messina Marine, alcune donne della famiglia parlavano tra loro e non nascondevano le preoccupazioni che derivavano dalla consapevolezza che Arduino potesse di nuovo finire in carcere. C'è chi non dormiva la notte temendo l’arrivo di polizia o carabinieri. Arduino era stato condannato a 10 anni di carcere, con sentenza diventata irrevocabile, nel 2018. Il 15 gennaio 2021 era stato scarcerato dall’istituto di pena di Cosenza in concessione della liberazione anticipata e sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per tre anni. A novembre del 2022 è stato denunciato per violazioni delle prescrizioni, poiché senza patente guidava uno scooter. Altra denuncia nell’ottobre del 2023 per aver violato gli obblighi della sorveglianza speciale.

Il capo della Mobile Basile: "Blitz accelerato dall'agguato a Romano"

«Questa accelerazione investigativa e giudiziaria è anche, certamente, il frutto del recente fatto di sangue avvenuto nel mandamento di Brancaccio, mi riferisco ai fatti avvenuti il 26 febbraio costati la vita a Giancarlo Romano e al grave ferimento di Alessio Salvo Caruso». Così il capo della Squadra Mobile della questura di Palermo, Marco Basile, incontrando i giornalisti dopo il blitz antimafia di stanotte nel mandamento mafioso di Brancaccio, in seguito all’ordinanza di custodia cautelare in carcere disposta dal gip di Palermo su richiesta della Dda di Palermo, coordinata da Maurizio De Lucia.
«Agli indagati sono contestati una quindicina di episodi estorsivi - ha spiegato Basile - ai danni di esercizi commerciali attraverso la tecnica definita 'a tenaglia', cioè forme di richiesta del pizzo estese dall’hotel fino ai piccoli e medi esercenti e anche piccoli ambulanti. E’ inoltre stata ricostruita la gestione nel traffico degli stupefacenti, sia per quanto riguarda l’approvvigionamento sia nella richiesta del cosiddetto mensile per la gestione della piazza di spaccio ad altri soggetti».

I nomi

Ecco i destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Palermo, Lirio Conti, su richiesta del procuratore di Palermo Maurizio de Lucia, dell’aggiunto Marzia Sabella e dei sostituti Bruno Brucoli, Giacomo Brandini e Francesca Mazzocco:

Alessio Salvo Caruso, 28 anni, tuttora ricoverato in ospedale e gravemente ferito durante l’agguato di lunedì scorso in cui ha perso la vita Giancarlo Romano; Giuseppe Arduino, 54 anni; Giuseppe Chiarello, 48 anni; Damiano Corrao alias «kiss kiss», 62 anni; Francesco Farina, 70 anni; Sebastiano Giordano, 63 anni; Antonio Mazzè, 57 anni; Settimo Turturella, 53 anni, e Vincenzo Vella, 58 anni.

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