Il ministro Nello Musumeci come Nostradamus o come Celestino. Sono trascorsi quattro anni dalla sua roboante profezia. Era il 29 aprile del 2020, in un’Assemblea regionale bollente l’ex governatore, deflagrò in un’escalation “fumantina” contro Luca Sammartino, deputato che allora indossava la divisa dell’opposizione, poi dismessa nel camerino del trucco per assumere la livrea del centrodestra. Il giovane e rampante parlamentare aveva invocato il voto segreto, scatenando la collera di Musumeci: «Mi auguro che di lei – disse allora l’ex governatore in un assolo scomposto che gelò l’Ars – si occupino ben altri palazzi».
Chiaro riferimento alla sponda giudiziaria, sulla quale ieri Sammartino si è spiaggiato. Quasi una fatwa arringata a Sala d’Ercole dal trono del presidente della Regione e con il piglio di Savonarola. Dito puntato compreso, in una performance ieratica che richiamava il passo della Bibbia - Ezechiele 25.17 - reso celebre dal film Pulp Fiction: «E la mia giustizia calerà sopra di loro con grandissima vendetta e furiosissimo sdegno su coloro che si proveranno ad ammorbare e infine a distruggere i miei fratelli. E tu saprai che il mio nome è quello del Signore quando farò calare la mia vendetta sopra di te». Il bersaglio, a distanza di 4 anni, è stato centrato, nel solco di una vecchia ruggine neanche scalfita dall’alleanza nella quale, a distanza di pochi mesi, Musumeci e Sammartino si sono ritrovati. La profezia si è avverata a un tiro di schioppo dalle elezioni europee.
La piazza di Catania rappresenta un ago della bilancia per gli equilibri nazionali del centrodestra. Con Sammartino azzoppato la Lega rischia di arretrare, spianando la strada ai tentacoli degli alleati. Non a caso Fratelli d’Italia non ha speso una virgola garantista per il suo giovane alleato leghista. E d’altronde le bottiglie erano in frigo dal 29 aprile del 2020. Una profezia d’annata.
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