Arriverà tra dodici giorni, il 30 aprile, la sentenza del processo legato all’indagine sulla operazione di compravendita, che risale al 2008, di un appartamento a Montecarlo, lasciato in eredità dalla contessa Annamaria Colleoni ad Alleanza Nazionale. Al termine di una udienza durata oltre sette ore e durante la quale hanno preso la parola gli ultimi difensori, i giudici della quarta sezione collegiale del Tribunale di Roma hanno deciso di aggiornare il procedimento e fissare la data in cui entreranno in camera di consiglio.
Il tribunale è chiamato a decidere sulle pesanti richieste di condanna avanzate dalla Procura capitolina: 8 anni di reclusione per l’ex presidente della Camera, Gianfranco Fini, 9 anni per la compagna Elisabetta Tulliani, 10 per il fratello di quest’ultima, Giancarlo Tulliani e 5 anni per il padre Sergio.
Nel processo è contestato anche il reato di riciclaggio. In aula era presente Fini che lasciando il tribunale, dopo il rinvio, a chi gli chiedeva delle tante ore di udienza ha risposto: «è un processo che dura da sette anni, figurarsi se l'udienza era corta. Ci vedremo il 30 aprile». Il collegio difensivo dell’ex presidente della Camera ha depositato una memoria difensiva. Nel documento gli avvocati Michele Sarno e Francesco Caroleo Grimaldi affermano che è «evidente quanto la dichiarazione resa da parte di Elisabetta Tulliani sia incontrovertibilmente atta a riscontrare quanto emerso nel procedimento relativamente alla estraneità di Fini».
Tulliani «attraverso le proprie spontanee dichiarazioni si è prodotta in affermazioni auto ed etero-accusatorie. Dichiarazioni in cui, altresì - è detto nella memoria - ha inteso chiarire espressamente l’inconsapevolezza, da parte di Fini, relativamente ai rapporti intercorrenti ed alle azioni poste in essere dalla stessa congiuntamente al fratello Giancarlo Tulliani».
In merito alle accuse mosse a Fini dall’allora parlamentare Amedeo Laboccetta nel corso delle indagini, i difensori affermano che si tratta di «dichiarazioni chiaramente mendaci e frutto di un interesse dettato da motivi di livore nei confronti dell’imputato e dal desiderio di determinare (nella fase in cui le dichiarazioni sono state rese) le condizioni per una rivalutazione favorevole del proprio quadro cautelare».
Inizialmente il procedimento vedeva coinvolte anche altre persone, tra cui il 're delle Slot' Francesco Corallo e lo stesso Laboccetta. Per loro la decisione dei giudici del 29 febbraio ha fatto scattare la prescrizione delle accuse.
Secondo l’iniziale impianto accusatorio dei pm della Dda capitolina gli appartenenti all’associazione a delinquere mettevano in atto, evadendo le tasse, il riciclaggio di centinaia di milioni di euro. Quel fiume di denaro, una volta ripulito, è stato utilizzato da Corallo per attività economiche e finanziarie ma anche, è la convinzione degli inquirenti, in operazioni immobiliari che hanno coinvolto i membri della famiglia Tulliani.
Gli accertamenti della Procura hanno riguardato, quindi, anche l’appartamento di Boulevard Principesse Charlotte, finito poi nella disponibilità di Giancarlo Tulliani che attualmente vive a Dubai.
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