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Boom di casi di streptococco tra i bambini. Cattolica-Gemelli: presente nel 13-16% dei test, il tipo più grave e virulento

Lo Streptococco ha rialzato la testa a fine pandemia, ai danni soprattutto dei bambini più piccoli, che si sono ammalati di più nel 2023, probabilmente a causa di un debito immunitario legato proprio alle protezioni usate durante il covid: infatti uno studio condotto all’Università Cattolica - IRCSS Fondazione Policlinico Gemelli e pubblicato su Lancet Microbe ha fotografato la situazione del 2023, con tanti piccoli a letto con febbre alta e tonsille gonfie, con le farmacie prese d’assalto per i test diagnostici, con un’incidenza tornata rapidamente ai livelli del periodo pre-pandemico.

Nella casistica del pronto soccorso pediatrico del Gemelli, infatti, nel 2023 è risultato positivo allo streptococco il 13-16% di tutti i campioni esaminati. In particolare a circolare di più è stato l’immunotipo M1, il più grave e virulento. Lo studio si basa sui dati raccolti tra 2018 e 2023: i ricercatori hanno analizzato l’incidenza dell’infezione da Streptococcus pyogenes (GAS), attraverso l’osservatorio privilegiato del Pronto Soccorso pediatrico, diretto da Antonio Chiaretti. In tutto sono stati raccolti e esaminati oltre 1.800 campioni da tamponi faringo-tonsillari di bambini giunti in pronto soccorso con sintomi influenzali.

«Tra 2020 e 2022 - spiega Maurizio Sanguinetti, ordinario di Microbiologia alla Cattolica, direttore del Dipartimento Scienze di Laboratorio e infettivologiche, che ha coordinato lo studio insieme a Chiaretti - abbiamo osservato una significativa riduzione di infezioni da Streptococco, sia in termini di quantità dei campioni pervenuti (per un ridotto accesso), sia una significativa riduzione percentuale dei positivi. Le misure di protezione non farmacologiche, come la mascherina in quegli anni hanno ridotto il contatto con il microrganismo e l’infezione». Tuttavia il batterio ha poi potuto rialzare la guardia, colpendo soprattutto i più piccoli.

«Il sospetto è che i bambini - spiega Sanguinetti - essendo stati protetti in modo importante durante il Covid, non abbiano sviluppato la normale immunità parzialmente protettiva nei confronti dell’infezione».

«Il contatto coi microrganismi - sottolinea Sanguinetti - è fondamentale per 'allenarè il sistema immunitario a rispondere alle infezioni. L’ipotesi è dunque che il ridotto contatto con questo microrganismo, abbia determinato nei bambini più piccoli un "debito immunologico" impedendo loro di sviluppare una protezione, anche parziale e questo ha comportato un aumento dei casi. Lo studio mette in luce anche un altro problema: se un bambino è fortemente sintomatico (febbre alta, tonsille aumentate di volume e infiammate) è opportuno non basarsi solo sul fai-da-te del test rapido acquistato in farmacia; solo un tampone faringo-tonsillare effettuato in laboratorio, seguito da esame colturale (e da un eventuale saggio in vitro di sensibilità ai farmaci, cioè un antibiogramma) permette di caratterizzare il microrganismo, con ricadute sia diagnostiche sia epidemiologiche per valutare l’eventuale circolazione di ceppi iper-virulenti, concludono gli esperti.

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