Di male in peggio, ancora una volta, nella vana speranza che a luglio cada acqua dal cielo, ma in modo consistente. È lo stato di agonia in cui versano le dighe siciliane, sempre più prosciugate dall’emergenza siccità secondo gli ultimi dati in materia pubblicati in queste ore dall’Autorità regionale di bacino, che al primo giugno 2024 fotografano nei laghi un totale di poco più di 288 milioni di metri cubi di acqua, di cui solo 155 effettivamente utilizzabili: si tratta del 4% di risorsa in meno rispetto al mese precedente, quando i volumi risultavano già in calo dell’8% al confronto con il primo aprile. Per non parlare del paragone con lo stesso periodo del 2023, rispetto al quale la flessione ammonta al 45%: nel giro di 12 mesi, dal contenuto complessivo invasato nell’Isola, sono scomparsi 232 milioni di metri cubi, come se fossero “evaporati” nel nulla sei bacini di grandi dimensioni.
Dal quadro a tinte fosche emergono poi cartoline nere, dello stesso colore cui è ridotto il Fanaco, nel Palermitano, oggi più vicino a una pozzanghera che ad un lago, con appena 850 mila metri cubi d’acqua rimasti, ossia il 106% in meno rispetto ai circa 13 milioni fotografati a giungo dell’anno scorso. Male anche l’Ancipa, tra Enna e Messina, il cui deficit è arrivato al 74% e, ancora nella città metropolitana di Palermo, gli invasi Rosamarina e Poma, dove l’asticella idrica tocca, rispettivamente, il 61% e il 37% in meno. Per non parlare della diga Castello, nell’Agrigentino, che, sempre su base annuale, ha visto consumarsi il 55% di acqua.
Ma non se la passano meglio le strutture del versante meridionale del territorio. Anzi, l’invaso di Pozzillo, nell’Ennese fondamentale fonte di approvvigionamento per l’agricoltura, registra uno degli ammanchi più critici della Sicilia, pari all’82%, mentre, sempre sul fronte dell’utilizzo irriguo e sempre nel confronto annuale, la diga di Santa Rosalia, a Ragusa, segna un ammanco del 45%.
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