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Mafia: l'ex pm Natoli indagato a Caltanissetta per favoreggiamento

La vicenda giudiziaria nasce dal filone su «Mafia e appalti» che avrebbe accelerato la strage di via D’Amelio nella quale vennero uccisi Paolo Borsellino e la sua scorta. Natoli avrebbe insabbiato elementi dell’inchiesta a Massa Carrara

L’ex pm del pool antimafia di Palermo, Gioacchino Natoli, è indagato a Caltanissetta per favoreggiamento alla mafia e calunnia e presto sarà interrogato dal pool stragi della procura nissena. La vicenda giudiziaria nasce dal filone su «Mafia e appalti» che avrebbe accelerato la strage di via D’Amelio nella quale vennero uccisi Paolo Borsellino e la sua scorta. Natoli avrebbe insabbiato elementi dell’inchiesta a Massa Carrara - poi confluiti nel 'Mafia e appalti' - nell’ambito della quale gli inquirenti avevano intercettato diversi imprenditori per dimostrare che gli affari di Cosa nostra si muovevano in Sicilia, ma anche in Toscana. Natoli avrebbe agito in concorso, secondo le accuse, con l’ex procuratore di Palermo Pietro Giammanco (deceduto) e con l’allora comandante della Guardia di Finanza Stefano Screpanti. Lo scorso anno su ordine della procura di Caltanissetta le bobine dell’indagine di Massa Carrara - che inizialmente si era detto fossero state distrutte - sono state portate nella sede del Ros di Roma dove è iniziato l’ascolto di tutte le conversazioni. Un anno dopo l’avvio delle operazioni i primi indagati della procura nissena.

Natoli, il pm 'duro e puro' e il Rapporto mafia appalti

Una fama di duro e puro, pronto a mostrare la Costituzione della Repubblica in una manifestazione di protesta generale indetta nel 2010, quando Gioacchino Natoli era vicepresidente nazionale dell’Anm: all’inaugurazione dell’anno giudiziario, per rivendicare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura rispetto alle invasioni di campo della politica (presidente del Consiglio era Silvio Berlusconi, guardasigilli Angelino Alfano), i giudici si presentarono in toga e con la Costituzione in mano. Presidente dell’associazione nazionale di cui Natoli era vice, all’epoca, era Luca Palamara, poi finito al centro di inchieste e oggi radiato dalla magistratura. Ora, d’improvviso, in bassa fortuna si ritrova lo stesso ex pubblico ministero del processo Andreotti, poi divenuto giudice e che ha chiuso la carriera da presidente della Corte d’appello di Palermo, incarico che ha avuto fino al 2017, per chiudere del tutto con un anno di incarico al ministero della Giustizia, guidato da Andrea Orlando, come capo dell’Organizzazione giudiziaria. Natoli - adesso indagato a Caltanissetta per calunnia e favoreggiamento, in riferimento al rapporto mafia e appalti - ha oggi 77 anni ma da giovane era stato, negli anni '80, giudice istruttore del pool antimafia di cui facevano parte anche Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Erano gli anni di piombo siciliani, quelli in cui stavi da una parte o dall’altra: e da una parte, quella di magistrati, investigatori, politici scomodi, si moriva o comunque si rischiava. Gioacchino Natoli si era sempre collocato su quelle posizioni intransigenti, restie ad accordi, interlocuzioni, colloqui, compiacenze con la parte opposta, quella delle collusioni e delle inconfessabili intese con Cosa nostra, fatta di borghesia e politica. Così, dopo le stragi del '92, Natoli - nel frattempo passato in procura - si ritrovò in mezzo al guado. Non fu tra gli otto firmatari della lettera con cui, dopo via D’Amelio, un gruppo di pm presentò le proprie dimissioni, di fatto chiedendo al procuratore Pietro Giammanco di lasciare. E lui, il criticatissimo capo della Dda, ritenuto molto vicino all’esponente democristiano Mario D’Acquisto, della corrente andreottiana siciliana di Salvo Lima, lascerà effettivamente tra le polemiche.

Tra gli otto firmatari non c'era Natoli ma nemmeno Guido Lo Forte: eppure i due si ritroveranno, con Roberto Scarpinato (che invece la lettera la firmò) a far parte di un altro pool antimafia, quello della Procura, guidato, a partire dal 15 gennaio 1993, da Gian Carlo Caselli. Il nuovo procuratore arrivato da Torino e dall’esperienza maturata nella lotta al terrorismo (e poi al Csm) si fiderà ciecamente dei tre pm, ai quali affiderà la gestione della delicatissima inchiesta sull'omicidio proprio di Salvo Lima e poi l’istruttoria del processo dei processi, quello contro il senatore a vita Giulio Andreotti. Caselli si insedia il 15 gennaio 1993, giorno della cattura di Totò Riina, successo enorme dello Stato e dei carabinieri del Ros, subito macchiato dalla mancata sorveglianza del covo del superboss, che poi verrà ripulito da emissari corleonesi, sicuri di non essere scoperti. La villa del complesso residenziale di via Bernini, ufficialmente, sarà «trovata» solo il 2 febbraio, diciotto giorni dopo.

Nelle polemiche al veleno che ne seguiranno, più e più volte l’allora vicecomandante del Ros, Mario Mori, regista dell’operazione conclusa con la cattura di Riina, evocherà il rapporto Mafia e appalti come la vera causa dello scontro con i magistrati di Palermo. Un rapporto, presentato la prima volta nel 1990, che conteneva la fotografia dei rapporti tra Cosa nostra, politici e imprenditori collusi: questo secondo il Ros, mentre la procura ha sempre sminuito il peso di quel contributo investigativo, ritenuto monco o privato a bella posta di varie parti.

In oltre trent'anni di quell'informativa si è parlato tantissimo e proprio di recente è stata nuovamente indicata dall’avvocato Fabio Trizzino, legale della famiglia Borsellino nei processi sulla strage e sul depistaggio delle indagini, come il filone in cui Paolo Borsellino credeva di più per dare un volto agli assassini e ai mandanti esterni della strage Falcone. Nel tempo gli ambienti della procura, di Mafia e appalti avevano detto l’opposto e cioè che serviva a poco, che era aria fritta e che da lì non sono mai venuti fuori filoni importanti. Oggi torna ancora una volta di attualità con l’inchiesta della Procura di Massa Carrara, che nel 1991 era stata trasmessa proprio al pm Natoli. E a raccontare questi fatti alla commissione nazionale Antimafia era stato l’avvocato Trizzino.

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