Domenica 22 Dicembre 2024

Siccità in Sicilia: a Caltanissetta senz'acqua da 42 giorni, protesta degli agricoltori nel Trapanese

Cresce la protesta per i disservizi nella distribuzione dell’acqua in Sicilia per la siccità che ha colpito l’isola. A Caltanissetta oggi si terrà un presidio per «Vogliamo l’acqua». Promotore dell’iniziativa Sergio Cirlinci, uno dei residenti di contrada Niscima dove l'acqua non arriva da 42 giorni. Moltissimi a Caltanissetta sono ormai costretti a servirsi dalle autobotti che non sempre sono disponibili e hanno anche aumentato i costi. Per proprietari di bar e ristoratori il servizio di autobotte costa da 250 a 400 euro al mese. «All’iniziativa - spiega Cirlinci - non sono ammesse bandiere politiche e si precisa che non è contro nessuno, soprattutto non è contro questa amministrazione, che si è appena insediata, ma un tentativo, l’ennesimo, di fare squadra e cercare di dare una spinta per cercare di attenuare i disagi odierni e futuri. Chiunque vorrà intervenire potrà liberamente farlo, dopo essersi prenotato e a turno prenderà la parola. La cittadinanza tutta è invitata a partecipare, compresi comitati di quartiere, sindacati e associazioni varie». Ore di attesa per un po' d’acqua per poi andare via senza alcuna possibilità di averla a causa delle tubature rotte. È la storia di ordinaria follia che vivono gli agricoltori del trapanese costretti a mettersi in fila davanti al cancello del Consorzio di Bonifica Trapani 1, addirittura dalla notte. Lo denuncia Coldiretti Sicilia che sottolinea come la situazione si ripeta quasi ogni giorno. «Il rito arcaico per la prenotazione delle irrigazioni nelle zone di Campobello di Mazara, Mazara del Vallo e Castelvetrano si basa sulla presenza e così agricoltori sono costretti a stare ore ed ore accampati per poi tornare in campagna delusi - dice Coldiretti - La situazione è paradossale perché la condotta principale che dal lago Arancio porta l’acqua è piena di buchi. Nonostante la tragedia della siccità e le segnalazioni fatte da Coldiretti già dall’inverno scorso non si è stato ancora avviato un sistema di manutenzione che possa permettere agi agricoltori di lavorare». "Un solo pilone del ponte sullo Stretto - ricorda Coldiretti Sicilia - basterebbe a creare invasi con moderni sistemi di pompaggio e si potrebbe ammodernare la rete di tutta la Regione». Sulla grave crisi idrica che attanaglia la Sicilia interviene anche il prefetto di Agrigento. «La siccità è un problema contingente. Non è la siccità a porre in dubbio la bellezza del territorio che è stata invece messa in crisi da decenni di disattenzione. Dalla seconda metà del Novecento, in Sicilia e in tutto il Sud c'è stato un utilizzo del territorio, modificato soprattutto dal cemento armato, che non è stato utilizzato in chiave artistica, ma speculativa. Non parlo dei grandi casi di ecomostri, ma di una sorta di lebbra costante che ha colpito il nostro territorio: tanti centri storici, tanti centri d’arte, hanno perso l’appeal che avrebbero potuto avere per il turismo. E in questi casi, l’economia della bellezza è un ossimoro». Parole di Filippo Romano, intervenendo al National Award di Taormina dedicato a «L'economia della bellezza». «L'acqua è un problema, ma non ha assolutamente la gravità di un’attività decennale dalla quale è difficile tornare indietro - ha aggiunto - Palma di Montechiaro ad esempio è paese devastato da un’edilizia disordinata. La nuova generazione di palmesi, colpiti da un successo turistico parziale perché c'è il palazzo del Gattopardo, la chiesa delle monache e c'è qualche palazzo che ancora mantiene segni di prestigio architettonico, ha cominciato a sviluppare una coscienza diversa e speravano di poter usare il 110 per un’attività di recupero del centro storico, ma non possono perché gli immobili sono abusivi - ha spiegato il prefetto Romano - . Le norme dicono che l’abuso edilizio o lo abbatti o diventa del Comune, in tutti e due i casi gli esiti a Palma sono impossibili perché il paese ha 70% degli immobili abusivi. Si deve pensare a una nuova normativa che prevede dei piani di recupero guidati da professionisti, da una cabina di regia centrale, che in 30-40 anni, utilizzando l'economia privata, ridia luce e dignità. Non si può pensare che il comune divenga proprietario del 70% degli immobili e abbia i soldi per aggiustarli. E poi per farne cosa? Serve una riflessione».

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