Nella notte, i carabinieri, sotto la direzione della Procura di Bergamo, hanno individuato e arrestato Moussa Sangare, un italiano di 31 anni, figlio di genitori ivoriani, in una casa nel Bergamasco. Sangare, attualmente disoccupato, è stato identificato come il "soggetto ripreso dai sistemi di videosorveglianza del comune di Terno d’Isola mentre si allontanava rapidamente dalla scena del crimine" in bicicletta, poco dopo l’omicidio di Sharon Verzeni, avvenuto tra il 29 e il 30 luglio scorso. Sangare ha rilasciato una "piena confessione" agli inquirenti, dichiarando: "Non so spiegare perché sia successo, l’ho vista e l’ho uccisa". Secondo fonti investigative, l’uomo è uscito di casa quella notte portando con sé quattro coltelli, suggerendo una chiara premeditazione. "L’obiettivo era evidente, voleva colpire qualcuno", ha affermato Maria Cristina Rota, procuratore aggiunto a Bergamo. "Non c'è alcun movente religioso né terroristico; non appartiene ad alcun movimento religioso. Poteva essere la signora Verzeni o uno di noi che passavamo di lì", ha aggiunto Rota. Gli investigatori, quindi, escludono che l’omicidio sia stato il risultato di un’aggressione sessuale, di una rapina, di questioni legate alla droga. Inoltre, non sembra esserci alcuna connessione preesistente tra Sangare, che ha precedenti per aggressione non legati a criminalità organizzata o spaccio, e la vittima.
I problemi dell'omicida reo confesso
«Molto verosimile che ci sia una problematica psichiatrica, anche se è un discorso prematuro e sarà un tema da approfondire con consulenze ed un’eventuale richiesta di perizia, ma è comunque un aspetto questo rilevantissimo». Lo ha spiegato l’avvocato Giacomo Maj, legale di Moussa Sangare, fermato per l’omicidio di Sharon Verzeni. Il difensore ha chiarito che il 31enne, nel corso dell’interrogatorio di confessione, ha continuato a ribadire che è stato «un gesto che nemmeno lui si spiega, una cosa senza senso, senza spiegazioni né motivazioni».