Palermo chiama, anzi, pungola Roma più volte nel corso dell’estate, Roma risponde con il disco verde, ed ecco servito l’escamotage per imprimere un colpo d’acceleratore sulla riattivazione dei tre dissalatori dell’Isola, prevista nella seconda parte del Piano concepito dal governo regionale per arginare gli effetti della siccità, anche negli anni a venire.
Il via libera è arrivato ieri dal Mit, vidimato dalla Cabina di regia per la crisi idrica presieduta dal vicepremier e ministro Matteo Salvini, dopo un incontro con il governatore dell’Isola, Renato Schifani, cui hanno partecipato anche il ministro per la Protezione civile Nello Musumeci, il viceministro all’Ambiente Vannia Gava, il sottosegretario all’Agricoltura Luigi D’Eramo e il commissario straordinario per l’emergenza idrica nazionale, Nicola Dell’Acqua. Un vertice al termine del quale, recita la nota ministeriale, si è deciso di affidare pieni poteri allo stesso Dell’Acqua, «per procedere all’acquisizione e all’installazione di dissalatori e attuare le misure necessarie per fronteggiare l’emergenza» siciliana, consentendo di dimezzare i tempi della procedura.
Spesa prevista, 100 milioni, di cui 90 provenienti dal Fondo di sviluppo e coesione dopo l’accordo Schifani-Meloni e 10 dalla Regione, già stanziati con la “manovrina” di agosto. Il tutto, precisano dal Mit, su richiesta del presidente della Regione. Un input che sullo sfondo, a guardar bene, si presenta con ulteriori dettagli, sempre sull’asse Palermo-Roma, con Palazzo d’Orleans che ha più volte auspicato, per via ufficiale e non, pieni poteri per velocizzare le opere successive alla prima parte del Piano – ancora in corso, tra creazione e revamping di nuovi e vecchi pozzi – mentre il governo Meloni non concedeva le deroghe in questione. Tanto che, alla fine dei giochi, per ottenere comunque il risultato, Schifani ha premuto sul tasto Dell’Acqua: è il commissario nazionale per l’emergenza? Che sia lui, allora, a gestire i 100 milioni e centrare quanto prima l’obiettivo. Un escamotage andato adesso a buon fine, anche se, in realtà, a svolgere il lavoro duro, tra affidamento, avviamento e controllo dei cantieri, sarà comunque la Regione, a meno che Roma non si rivolga direttamente ad Invitalia, quantomeno per le gare d’appalto.
Quel che è certo, spiega il direttore della Protezione civile regionale, nonché timoniere della Cabina di regia per la crisi idrica siciliana, Salvo Cocina, è che per «riattivare i dissalatori in questione», quelli di Trapani, Porto Empedocle e Gela, fermi da 15 anni, «ci vorranno almeno nove mesi», mentre per il progetto esecutivo «si può stimare un quadrimestre d’attesa», cioè da qui al prossimo gennaio, per arrivare a meta alla fine della prossime estate: «Tempi che senza poteri speciali si allungherebbero inevitabilmente, mentre noi siamo sul pezzo da settimane, con gli studi sulla fattibilità delle opere e sul loro impatto ambientale».
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