Di lui la Treccani scrive che è stato «l'eroe di una sola stagione», il protagonista di una favola, breve, ma indimenticabile. Le notti magiche di Italia 90, che avevano la colonna sonora di «Un’estate italiana» di Gianna Nannini, portano il segno delle sue gesta e dei suoi occhi increduli, quasi spiritati e apparentemente spaesati, sgranati come fari micidiali puntati sulla rete avversaria. Totò Schillaci, morto alle 9.55 nel reparto di pneumologia dell’ospedale Civico di Palermo per un cancro al colon, avrebbe compiuto 60 anni il primo dicembre. Ex calciatore di Juventus e Inter, capocannoniere della nazionale ai mondiali di Italia 90, 'manovalè del gol e della vita, venuto faticosamente fuori dalla periferia di Palermo, dal quartiere San Giovanni Apostolo: il nome di un santo per un pezzo di città marginale, come si usa da queste parti, il Cep, Centro espansione periferica.
Il suo esordio in serie A è del 27 agosto 1989 (Juventus-Bologna, 1-1). Ma prima una lunga gavetta: 1981-82 con l’Amat Palermo; 1982-89 con il Messina. Fino ai grandi palcoscenici: 1989-92, Juventus; 1992-94, Inter; 1994-97, Jubilo Iwata. In nazionale: 16 presenze e 7 reti (esordio: 31 marzo 1990, Svizzera-Italia, 0-1. Nella sua bacheca una Coppa Italia (1989-90), due Coppe Uefa (1989-90, 1993-94).
Chiamato dalla Juventus nel 1992 dopo 7 anni al Messina, il centravanti siciliano si segnalò con 15 gol nel suo primo Campionato di serie A, meritando per questo il ruolo di riserva di Vialli e di Carnevale ai Mondiali del 1990 disputati in Italia. Ma già al primo incontro, entrato in campo a pochi minuti dalla fine nella partita con l’Austria, realizzò la rete della vittoria. E non si fermò più: ogni partita un gol, quasi sempre decisivo, di rapina, d’astuzia, di potenza. Segnò contro la Cecoslovacchia, l’Uruguay, l’Irlanda, anche contro l’Argentina, ma non bastò all’Italia per andare in finale. Segnò infine contro l’Inghilterra e l’Italia si classificò al terzo posto. A New York ribattezzarono la Venticinquesima Strada 'Schillaci Boulevard’. La sua favola poi assunse tinte meno esaltanti: nei successivi due campionati alla Juventus, 60 presenze e 11 reti. All’Inter, dove forse non venne mai accettato nè capito, disputò appena 30 partite, facendo 11 gol in due stagioni. Lasciò l’Italia per tentare l’avventura giapponese dove nelle prime due stagioni segnò una cinquantina di reti.
Tornato nel Belpaese ha aperto una scuola calcio a Palermo perchè non ha mai dimenticato da dove è venuto. Quindi, la briosa esperienza televisiva di Pechino Express e il tumore che ha sfidato sino alla fine, nella sua partita più importante per la vita. Non ha mai indossato i colori rosanero, ma la città lo sente suo questo eterno ragazzo di periferia. Così è vero quello che dicono il Palermo FC «e tutta la famiglia City Football Group», secondo cui Totò «ha scritto con i suoi gol pagine indelebili della storia del calcio, regalando pura gioia ai palermitani in tutto il mondo».
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