«A causa dei blocchi di contratti, degli aumenti limitati e del caro-vita, negli ultimi 30 anni gli stipendi degli insegnanti italiani sono stati praticamente dimezzati: oggi un docente percepisce una busta paga più bassa di un operaio. Se nel 1993 lo stipendio lordo di un operaio edile era di 1,3 milioni di lire e un docente della scuola secondaria percepiva 2,2 milioni di lire, nel 2023 i numeri sono cambiati di molto: lo stipendio lordo di un operaio edile è passato a 1.600 euro, mentre il docente delle scuole medie e superiori si ferma a 1.500 euro». Lo denuncia Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, che chiede apertamente di «cambiare registro con scatti stipendiali automatici più numerosi e ravvicinati nel tempo». «I governi italiani - sostiene il sindacalista - negli ultimi decenni hanno fatto a gara per tenere bassi i compensi dei nostri docenti: soltanto a parole hanno denunciato la scarsa valorizzazione del corpo docente, come pure del personale Ata, senza però mai produrre interventi strutturali, senza mai collocare questi lavoratori in un contesto contrattuale tutelato, senza mai pensare di allineare la spese pubblica nazionale per l’Istruzione rispetto al Pil. Questo andare ha portato gradualmente a far scivolare di un punto il prodotto interno lordo italiano rispetto a quello medio dell’Unione europea. Anche il confronto con la vicina Francia diventa impietoso». «Un insegnante in Italia nel 1993 guadagnava 29 milioni lire: per quale motivo - dice ancora Pacifico - lo stesso docente nel 2023 ha perso metà stipendio, visto che va a prendere in media 29 mila euro? Questo significa che negli ultimi 30 anni il personale della scuola ha perso quasi metà del valore della busta paga. Nello stesso periodo, un operario edile ha avuto invece quasi raddoppiato lo stipendio. E anche il salario minimo è di fatto raddoppiato per gli altri lavoratori del Paese. Il costo della vita si va ad aggiungere al problema di chi, nella scuola, prende stipendi ai quali mancano annualmente quasi 5 mila euro rispetto alla media della Pubblica amministrazione e in ritardo abissale rispetto ad altri Paesi europei come la Germania o i Paesi scandinavi».