«Tutte fatture false». Così Maurizio Ponzoni, ritenuto legato ad un clan della 'ndrangheta, ha raccontato ai giudici come sarebbe stato usato il denaro di uno dei finanziamenti, con garanzia statale, ottenuti da una delle società a lui riconducibile ed erogati da Banca Progetto, oggi finita in amministrazione giudiziaria per questa "contaminazione criminale", con un provvedimento che è il primo nel suo genere nei confronti di un istituto di credito. Le dichiarazioni di Ponzoni, scrive la Sezione misure di prevenzione del Tribunale milanese, «forniscono una emblematica rappresentazione della condotta omissiva dell’istituto bancario». Le somme erogate dalla banca, si legge ancora, sono state fatte «confluire successivamente in diverse società, talune riconducibili allo stesso Ponzoni» e intestate a "prestanome". Al pm che gli ha chiesto «queste sono tutte fatture false?», Ponzoni ha risposto: «Tutto falso».
La connivenza con i clan e la cosca Tripodi di Vibo
Negli atti risulta che Banca Progetto sarebbe stato «uno strumento» grazie al quale uomini vicini ai clan - in particolare Ponzoni ed Enrico Barone (quest’ultimo legato alla cosca Tripodi di Vibo Valentia) - hanno avuto «liberamente accesso al credito». Sono situazioni «tossiche» quelle che si sono create e che, per i giudici, necessitano della nomina di un’amministratore giudiziario per un anno, nello specifico Maria Pezzuto, la quale affiancherà il management dell’istituto soprattutto per rafforzare i «presidi di controllo interno». Un’udienza per verificare il lavoro che verrà svolto con l'amministrazione giudiziaria è stata fissata per il 25 febbraio prossimo.
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