Domenica 27 Ottobre 2024

Caso banche dati: "Hacker in contatto con mafie e servizi segreti"

La presunta associazione per delinquere, al centro dell’inchiesta milanese sui dossieraggi, gode «di appoggi di alto livello, in vari ambienti, anche quello della criminalità mafiosa e quello dei servizi segreti, pure stranieri» e gli indagati «spesso promettono e si vantano di poter intervenire su indagini e processi». Lo scrive negli atti il pm della Dda Francesco De Tommasi, che spiega come il gruppo riconducibile alla società Equalize ha una struttura «a grappolo»: ogni «componente» e «collaboratore» ha a sua volta «contatti nelle forze dell’ordine e nelle altre pubbliche amministrazioni» con cui «reperire illecitamente dati».

Avvocato in ansia fa seguire la figlia in Albania

Tra le numerose storie di presunto spionaggio contenute negli atti dell’inchiesta milanese, molte, annotano gli investigatori, riguardano «liberi professionisti, soprattutto avvocati» che si rivolgono alla società 'Equalize' «per lo svolgimento di investigazioni difensive e, in alcuni casi, per attività strettamente personali». E’ il caso di Paolo De Bernardinis, giuslavorista romano preoccupato per il «rapporto instaurato dalla figlia con un uomo albanese residente a Scutari» che la donna, anche lei avvocato, si appresta ad andare a trovare. Il legale affida all’ex poliziotto Carmine Gallo e ai suoi collaboratori «il compito di seguire la propria figlia in Albania, tenerla sotto controllo affinchè non le succeda nulla e raccogliere informazioni sul soggetto albanese». Per eseguire al meglio l’incarico e tranquillizzare il padre in ansia «il gruppo di via Pattari si avvale di un’altra persona, A.J., che organizzerà un’apposita squadra in Albania». Tutta la vicenda è oggetto di diverse conversazioni. «Non è dato sapere se anche nell’operazione vi siano profili di illiceità penale, giacché bisognerebbe verificare quanto accaduto realmente in territorio albanese dove, stando a quanto riferito da A.J. nelle conversazioni, sarebbero stati coinvolti appartenenti alle forze di polizia di quel Paese (non si sa se a titolo gratuito od oneroso) e l’uomo monitorato sarebbe stato 'in qualche modo' arrestato». A.J riferisce che l’arresto sarebbe avvenuto «perchè gli abbiamo trovato una carta d’identità che non aveva... che era falsificata, quindi abbiamo trovato la scusa insomma per mandarlo dentro perchè l’hanno ripreso tre volte. Gli hanno detto di mollare, di smettere, poi la figlia dell’avvocato mi ha scritto dicendomi 'guarda che questo mi ha scritto da un altro numero allora ho chiamato giù ho detto o lo mettete dentro o trovate il sistema che questo non rompe più le palle'». Dopo questo episodio, ricostruiscono gli inquirenti, l’avvocato «si rende responsabile di gravi violazioni di natura penale (accesso abusivo a sistemi informatici) al fine di ottenere illecitamente e indebitamente documenti sanitari che riguardano la controparte in una causa».

"Bisogna far sparire tutto, non si sa mai"

«Carmine è a rischio perquisizione, quindi noi non dobbiamo lasciare qua nessun materiale estraneo". E' una delle intercettazioni nella richiesta di arresti della Dda di Milano nell’indagine che ha smantellato la rete di 'spioni' che, guidati dall’ex super poliziotto Carmine Gallo, e con il benestare di Enrico Pazzali, presidente di Fondazione Fiera, avrebbe confezionato su commissione dossier illeciti setacciando le banche dati strategiche nazionali. Il gruppo aveva adottato la «pratica usuale» di eliminare i «dati abusivamente esfiltrati». Molti sono i dialoghi in cui si dice di «far sparire tutto» perchè «non si sa mai».

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