Mercoledì 04 Dicembre 2024

Domenico Montanari, il macellaio trovato impiccato non si è suicidato. Fu ucciso nel suo negozio

Gli inquirenti pensavano a un suicidio quando all’alba del 25 luglio 2019 lo trovarono impiccato nella Antica Macelleria Bandini di Faenza (Ravenna) della quale era contitolare. E invece nelle carte del Tribunale di Ravenna, la morte del 64enne Domenico Montanari si è trasformata in un omicidio in concorso. Il Gip Janos Barlotti, tramite apposita ordinanza, ha infatti ordinato alla Procura di formulare entro 10 giorni una imputazione coatta per il 55enne ex vigile urbano Gian Carlo Valgimigli, che alle 5.50 aveva rinvenuto il corpo e dato l’allarme. E per il 31enne di origine albanese Daniel Mullaliu, fratello dell’allora compagna del primo e il cui telefonino quella mattina aveva agganciato una cella compatibile con la macelleria. I due sono difesi dagli avvocati Gabriele Bordoni e Luca Donelli. All’inizio il caso era stato inquadrato come il gesto estremo di un negoziante sommerso dai debiti e finito nella morsa dello strozzinaggio: tanto che l’ex vigile urbano - che gli aveva prestato soldi (circa 300mila euro) con interessi da capogiro (fino a 30mila al mese) e che cercava di vendergli la casa ad altre persone - era stato condannato per morte come conseguenza di altro reato, l’usura appunto. L’ipotesi omicidio aveva preso corpo più di recente quando nel carcere di Ferrara un compagno di cella di Vagimigli - un pregiudicato anche per reati di stampo mafioso - aveva a suo dire ricevuto confidenze dal 55enne proprio sul possibile omicidio del macellaio faentino. Tanti particolari quelli poi riferiti in Procura a partire da fine 2022: come il tipo di cordino usato (di nylon), il tipo di azione imbastita (il 55enne che dà appuntamento al 64enne nel suo negozio e poi tre complici che arrivano da dietro e lo immobilizzato rapidamente) e il movente (il macellaio, stufo di pagare, voleva denunciare). Tuttavia, premesso che sul cadavere il medico legale non aveva trovato segni di colluttazione, per la Procura esistevano scenari alternativi: ovvero il pregiudicato poteva avere parlato solo per avere benefici dal Tribunale della Sorveglianza. O Valgimigli poteva avere millantato per accreditarsi con un delinquente ai suoi occhi di alto rango. Da qui la richiesta di archiviare. Ma per il Gip, le dichiarazioni accusatorie del pregiudicato appaiono «intrinsecamente attendibili poiché logiche, coerenti e adeguatamente circostanziate», peraltro "intrise di dettagli ben difficilmente frutto della fantasia o della rielaborazione di chi le rende» tanto più che quei particolari non erano mai usciti sulla stampa. E poi la scena del crimine presentava dettagli definiti inquietanti: la luce era spenta, il telefonino era in ricarica (azione non compatibile con uno che voglia togliersi la vita), le chiavi erano inserite nella toppa dall’interno e il macellaio toccava con i piedi per terra. Inoltre i conoscenti del defunto lo avevano descritto come persona genuina e solare che mai si sarebbe risolta a un gesto estremo tanto più che doveva occuparsi di una familiare disabile: ragione quest’ultima per la quale mai avrebbe venduto la loro casa a cuor leggero. Attendibile anche il contesto delle rivelazioni.

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