L’Italia alza il livello di attenzione sulla malattia ancora sconosciuta che ha portato a oltre 70 decessi in Congo. Con una lettera inviata dal ministero della Salute, che ha potuto visionare, si chiede alle Usmaf, gli Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera del ministero della Salute, «di fare attenzione su tutti i punti di ingresso, in particolare modo per i voli diretti provenienti dal paese». Le autorità locali in stretta collaborazione con quelle internazionali «stano lavorando per verificare la situazione e fornire una risposta rapida ed efficace a questo nuovo focolaio epidemico che sta colpendpo il paese, già recentemente colpito dall’epidemia di mpox».
Ministero Salute: "Nessun allarme, attenzione dovuta"
«La sorveglianza è attiva e monitoriamo costantemente la situazione senza allarmismi ma con la doverosa attenzione». Lo dichiara Maria Rosaria Campitiello, Capo Dipartimento della Prevenzione, della ricerca e delle emergenze sanitarie del ministero della Salute in merito al focolaio di epidemia che sta interessando una provincia del Congo. «Il ministero - aggiunge - in modo responsabile si è attivato in via cautelativa richiedendo agli uffici periferici Usmaf (gli Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera del ministero, ndr) di assicurare la dovuta attenzione nelle attività di controllo a cui sono preposti».
Ciccozzi: "Controllare voli da Congo in visione di salute globale"
«Ancora non sappiamo nulla, ma probabilmente è una malattia infettiva. Visti i morti nei villaggi potrebbe trattarsi di zoonosi, ma ancora non abbiamo dati. Il concetto fondamentale è che bisogna imparare a ragionare in termini di Global Health, di salute globale, perché il Congo sembra lontano ma non lo è. Occorre un monitoraggio epidemiologico con attenzione ai voli verso l’Italia, controllando le persone con sintomi simil-influenzali con i tamponi in modo da escludere determinate malattie». Questa la raccomandazione di Massimo Ciccozzi, ordinario di Epidemiologia all’Università Campus Bio-medico di Roma, rispetto alla misteriosa malattia che ha interessato il sud-ovest della Repubblica Democratica del Congo (RdC), che ha colpito circa 400 persone nell’ultimo mese con un numero di vittime non ancora chiaro (si parla di oltre 140). Patologia caratterizzata da sintomi quali febbre, mal di testa, raffreddore e tosse, difficoltà respiratorie e anemia.
"Gli esperti inviati dall’Organizzazione mondiale della sanità possono effettuare una diagnosi clinica e una diagnosi molecolare di laboratorio in tempi molto rapidi con sistemi per l'isolamento e il sequenziamento del patogeno», spiega, ricordando però ancora una volta come, in generale, serva una visione globale della salute: «L'approccio è ancora miope, a mio avviso non si fa abbastanza. In Italia per il Giubileo avremo 38 milioni di pellegrini in un anno, bisogna effettuare un monitoraggio epidemiologico anche a livello regionale. Oggi si può cambiare continente in 12 ore, è fondamentale una maggiore attenzione a ciò che può comportare un grande movimento di popolazione».
Rezza: "Malattia in Congo ancora limitata ma si aspetta diagnosi"
«Non siamo ancora in una situazione di allarme, che si avrebbe in caso di presenza di un elemento diagnostico nuovo. Se fosse chiaro che l’intera popolazione è suscettibile e fosse conosciuta la modalità di trasmissione (ad esempio per via aerea), allora ciò costituirebbe un allarme. Ma al momento si tratta di una situazione circoscritta in una zona ristretta, sicuramente molto grave per l’area interessata. La letalità appare molto alta, circa un terzo sulle oltre 370 persone colpite. Ricorda quanto si osserva per la febbre emorragica, ma i sintomi sono molto diversi». Così Giovanni Rezza, professore di igiene e sanità pubblica presso l'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, già dirigente di ricerca dell’Iss, rispetto alla misteriosa malattia che ha causato oltre 140 vittime in poco più di un mese nel sud-ovest della Repubblica Democratica del Cingo (RdC). I casi sono stati segnalati nella regione di Panzi, a circa 700 km a sud-est della capitale Kinshasa. La maggior parte delle persone decedute ha un’età compresa tra i 15 e i 18 anni, e i sintomi includono febbre, mal di testa, raffreddore e tosse, difficoltà respiratorie e anemia.
"La diagnosi è molto difficile, si tratta di aree diverse dall’Europa o dalla Cina. Occorre attendere che i campioni siano trasferiti almeno al laboratorio attrezzato di Kinshasa, se non ad altri centri più specializzati con il supporto dell’Organizzazione mondiale della sanità. Lì si capirà se si tratta di una patologia batterica nota, come quella da meningococco, una febbre emorragica o una sindrome influenzale. In quel caso la diagnosi sarebbe molto veloce, ma se si trattasse di qualcosa di nuovo allora occorrerebbe più tempo. Fino ad allora azzardare ipotesi è facile, ma al momento molte cose non sono note. L’anemia, ad esempio, potrebbe essere spiegata da fenomeni di malutrizione, malaria e dalla situazione sanitaria di base della zona». L’area, spiega il professore, è caratterizzata da frequenti contatti uomo-animale e non è nuova a eventi del genere, particolarmente drammatici ma che, spesso, non hanno conseguenze per il resto del mondo. «Il Congo è molto abituato ad avere a che fare con le febbri emmoragiche e sanno come agire per contenere quel tipo di focolaio. Diverso se si trattasse si una malattia respiratoria. Sicuramente le autorità devono prestare molta attenzione, informando i viaggiatori che intendono recarsi nella zona»
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