Da Hts ai curdi, i gruppi sul campo di battaglia in Siria. Ecco chi è il nuovo leader Mohammad al-Jolani
Dai jihadisti filo-turchi ai curdi del Pkk all’Isis, passando per i governativi, gli ausiliari filo-russi, le milizie filo-iraniane e le tribù arabe cooptate dagli Stati Uniti, il campo di battaglia in Siria assomiglia a un tutti-contro-tutti con un comune denominatore: la lotta per accaparrarsi fette della lucrosa gestione di un territorio chiave tra il Mediterraneo e il Golfo e ricco di risorse energetiche. L'offensiva del 27 novembre è stata lanciata da una coalizione variegata di forze anti-governative dalla Turchia: Hayat Tahrir ash Sham (Hts) guidate dall’ex capo di al Qaida in Siria, Abu Muhammad al Jolani, e l’Esercito nazionale siriano, milizia creata e comandata da Ankara. Oltre a manipoli di mercenari pro-turchi, questa coalizione di insorti siriani ha raccolto a Idlib e poi ad Aleppo e dintorni numerosi altri miliziani anti-governativi, originari delle varie regioni siriane che nel corso dei lunghi anni di guerra civile erano state sottomesse al controllo di Damasco, dell’Iran e della Russia. In questo scenario, il fiume Eufrate che divide in due la Siria, costituisce il confine tra le regioni centro-occidentali, ora sempre più dominate dagli insorti arabi, e quelle orientali controllate da miliziani curdi dell’ala locale del Pkk, sostenuti finora dagli Stati Uniti. Cacciati dal nord di Aleppo, i combattenti curdi sono fuggiti a est ma dalle zone orientali hanno poi sfruttato il vuoto lasciato dai governativi in ritirata per prendere la città chiave di Dayr az Zor. In quest’area, il collasso degli iraniani e dei lealisti ha lasciato spazio alle mai sopite cellule dell’Organizzazione dello Stato islamico (Isis), sconfitte formalmente nel 2019 ma rimaste attive come forma di insurrezione locale nelle remote e poco abitate regioni steppose attorno a Palmira. Poco più a sud, attorno alla base americana di Tanf, al confine con Iraq e Giordania, un manipolo di miliziani arabi e sunniti cooptati da anni dagli Stati Uniti, si sono mobilitati verso nord per partecipare alla «rivoluzione» anti-Damasco. Decisiva è stata - e continua a essere - la mobilitazione di altri insorti, delle regioni meridionali di Qunaytra, Daraa e Suwayda, al confine con le Alture del Golan occupate da Israele e con la Giordania. Si tratta delle formazioni militari anti-governative che si erano sollevate contro il potere centrale già nel 2011 ma che nel 2018 avevano trovato un accordo proprio con la Russia, in un’area dove l’Iran e gli Stati Uniti hanno a lungo lottato per spartirsi zone di influenza.
Chi è Mohammad al-Jolani
Leader di una formazione terroristica o statista in erba? E' il caso di Abu Mohammad al-Jolani, il leader islamista della coalizione di ribelli che ha estromesso il regime del presidente-dittatore Bashar al Assad dalle principali città siriane nel giro di pochi giorni. Capo di Hayat Tahrir al-Sham (Hts), ex filiale di al-Qaeda in Siria, ha gradualmente abbandonato il turbante jihadista che indossava all’inizio della guerra civile siriana a favore di un’uniforme militare e talvolta di un abito civile. Nato nel 1982, Ahmed al-Shareh, vero nome di al-Jolani, è cresciuto a Mazzé, un ricco quartiere di Damasco, in una famiglia benestante. Ha iniziato a studiare medicina. Secondo il sito web Middle East View, è stato dopo gli attentati dell’11 settembre che “i primi segni del jihadismo hanno cominciato a comparire nella vita di Jolani, che ha iniziato a frequentare riunioni segrete nei sobborghi di Damasco”. Dopo l’invasione americana dell’Iraq nel 2003, è partito per combattere e si è unito al gruppo di Al-Qaeda in Iraq prima di essere imprigionato per cinque anni. Dopo l’inizio della rivolta contro Assad nel 2011, è tornato in patria per fondare il Fronte al-Nosra, poi diventato Hts. Nel 2013 ha rifiutato di essere appoggiato da Abu Bakr al Baghdadi, il futuro leader dell’Isis, preferendo invece l’emiro di al-Qaeda, Ayman al-Zawahiri. Dopo aver rotto con Al-Qaeda nel 2017 ha costretto i ribelli radicali nel nord della Siria a fondersi nell’Hts. Oltre a ricevere accuse per abusi e crimini di guerra, ha istituito un’amministrazione civile e ha aumentato i gesti verso i cristiani nella provincia di Idleb, che il suo gruppo controlla da due anni, e ad Aleppo, “liberata” da pochi giorni