Il clima è disteso, nella stanza più prestigiosa di piazza Pugliatti. Prevalgono i sorrisi e non potrebbe che essere così, visto che l’occasione di incontro con la stampa è il giorno dei tradizionali auguri natalizi alla stampa della rettrice Giovanna Spatari, che accanto a sé vuole, come sempre, il vicario Giuseppe Giordano. Ma oltre i sorrisi c’è ed è altrettanto palpabile, nei corridoi dell’Università, la preoccupazione per quanto potrebbe accadere da qui a breve, in base all’esito della spinosa vicenda Imu. Un contenzioso col Comune di Messina nel quale “ballano” poco più di 17,5 milioni di euro: una cifra che, se l’Ateneo dovesse perdere la causa con Palazzo Zanca e quindi essere costretto a pagare, metterebbe in forte crisi (e forse è addirittura un eufemismo) il bilancio dell’Università. La rettrice, sull’argomento, prova a mantenere un profilo di serenità: «L’Università può fare poco – ha detto ieri –, se non chiarire che queste somme non derivano da un mancato pagamento dell’Imu, ma da un’omessa dichiarazione per gli anni dal 2020 al 2022. In linea teorica l’Università potrebbe ritrovarsi a dover corrispondere delle somme non dovute per legge, perché gli istituti di formazione non devono pagare l’Imu, ma l’omessa dichiarazione equivale alla perdita di questo beneficio». Per la rettrice in generale la situazione economico-finanziaria dell’Università di Messina «risente di quella di tutti gli Atenei italiani, che vivono una situazione difficile, perché da una parte c’è stato un taglio al Fondo di finanziamento ordinario che impatta su tutti gli Atenei, e dall’altro lato ci sono stati gli adeguamenti stipendiali del 4,80 per cento che impattano sullo stesso Fondo. Ci sono azioni congiunte dei rettori che chiedono una compartecipazione della quota stipendiale». Ma oltre l’attesa su come andrà a finire il “caso Imu”, sotto l’albero dell’Ateneo arriverà anche una figura centrale per la vita accademica: quella del direttore generale.