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Violenza di genere e femminicidio, il diritto di dire «no». Anzi, il diritto di esistere

A due giorni dalla Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, a Milano, in viale Tunisia angolo via Lecco, è apparsa una nuova opera della street artist Laika dal titolo 'Smash the patriarchy', 23 novembre 2024. L'immagine raffigura Giulia Cecchettin, vittima di femminicidio per mano dell'ex fidanzato, e Gisele Pelicot, sopravvissuta a uno stupro perpetrato in Francia da suo marito insieme a decine di altri uomini. Entrambe sono ritratte con il pugno alzato, simbolo universale di resistenza e lotta. Sopra le due donne c'è scritto 'smash the patriarchy - distruggi il patriarcato'.ANSA/UFFICIO STAMPA+++ ANSA PROVIDES ACCESS TO THIS HANDOUT PHOTO TO BE USED SOLELY TO ILLUSTRATE NEWS REPORTING OR COMMENTARY ON THE FACTS OR EVENTS DEPICTED IN THIS IMAGE; NO ARCHIVING; NO LICENSING +++ NPK +++

«Lotto tutto l'anno» dovrebbe essere il monito davanti ai numeri impietosi; in Italia nel 2024 i femminicidi sono stati (al 15 dicembre, secondo il Viminale) 106. 106 storie, 106 vittime, 106 esistenze tranciate. Da Nord a Sud. Filo comune? Zittite e umiliate in quanto donne, e il raptus usato spesso come scusa. Nello stesso periodo del 2023 la conta arrivava a 112. E a macchiarsi del delitto per 53 casi sono sempre partner o ex.
Giulia Tramontano è rimasta fissa nella memoria degli italiani con il suo Thiago, il bambino mai nato. Il suo compagno, Alessandro Impagnatiello, barman trentenne, online ha cercato a lungo «come uccidere una donna incinta con il veleno», o «come avvelenare un feto». Fino alle 37 coltellate. Anche dopo la parola ergastolo nella sentenza di primo grado della Corte d’Assise di Milano. Stessa pena toccata a Filippo Turetta: il 3 dicembre la Corte d’Assise di Venezia lo ha condannato in primo grado all’ergastolo per il femminicidio di Giulia Cecchettin. L’ha uccisa con oltre 70 coltellate mentre la giovane ventiduenne disegnava il suo futuro. E non voleva tornare con lui, pur facendosi carico – con empatia e generosità – della sua sofferenza. Ma attenzione, come ha detto Gino Cecchettin, il padre di Giulia, l’ergastolo «è una sconfitta per tutti». Quello che dobbiamo proteggere è - prima - il diritto delle donne di esistere, resistere, negarsi, scegliere.
Altro sogno spezzato quello di Lorena Quaranta, brillante studentessa agrigentina di Favara, che voleva diventare medico. La sua laurea è stata celebrata alla memoria tra applausi scroscianti e un magone acceso dalla collana della madre con la foto della meravigliosa figlia. La corte d'Assise d’appello di Reggio Calabria ha confermato l'ergastolo per l'ex fidanzato Antonio De Pace che la uccise soffocandola nel marzo del 2020, in piena pandemia. Una decisione arrivata dopo che il carcere a vita era stato messo in discussione causando indignazione in tutta la società civile. Stessi interrogativi toccano l'Europa. Segno che la violenza ha molte facce e non ha confini. Il "caso" di Dominique Pelicot è attualmente il più noto in Francia. Pelicot è stato condannato a vent'anni di reclusione, la pena massima, per lo stupro aggravato dell'ex moglie Gisèle. I fatti superano la fantasia e basta l'annuncio messo dall’uomo sui social per restituire l'orrore: «Cerco uomini che abusino sessualmente di mia moglie inconsapevole e addormentata». Un annuncio al quale hanno risposto decine di utenti, negli anni. «Devi essere pulito, senza unghie lunghe e sporche– chiedeva ai violentatori –. Lei non sospetta nulla. Adesso è addormentata, ti faccio vedere». E irrompe invece come simbolo di questo 2024 Ahoo Daryaei, la studentessa eroina delle libertà negate in Iran malmenata dagli agenti per un velo mal indossato all' università di Teheran, e spogliatasi in mezzo alla folla e dichiarata pazza. Un simbolo per chi non vuole nascondere la testa sotto il velo, ma soprattutto per chi difende la libertà. Di dire. Di dissentire. Ahinoi, persino di esistere.

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