Cosa può aver squarciato la coltre oscura che da 45 anni avvolge l’assassinio di Piersanti Mattarella? L’iscrizione sul registro degli indagati dei due presunti killer Nino Madonia e Giuseppe Lucchese, accusati di avere assassinato a Palermo il 6 gennaio del 1980 il Presidente della Regione siciliana Piersanti Mattarella, fa inquadrare gli sviluppi dell’inchiesta in un ampio scenario di recenti riscontri probatori, nuove perizie, ulteriori testimonianze e probabili rivelazioni inedite. Circostanze ed elementi mantenuti segreti e coperti dal massimo riserbo per non compromettere l’inchiesta giudiziaria condotta dal Procuratore distrettuale antimafia di Palermo Maurizio de Lucia e dalla Procuratrice aggiunta Marza Sabella.
Inchiesta entrata nella fase più delicata dell’esatto posizionamento di tutte le tessere del mosaico investigativo col quale si sta ricostruendo, vagliando e verificando tutti i retroscena di uno dei delitti, assieme a quello di Aldo Moro, istituzionalmente più gravi e dirompenti della Repubblica. Gli ultimi clamorosi sviluppi evidenzierebbero che le indagini sull’agguato e il contesto dell’uccisione di Piersanti Mattarella starebbero seguendo tutte le connessioni degli accertamenti e dei procedimenti giudiziari finora svolti nell’ambito dei processi a cosa nostra, delle inchieste sulle stragi mafiose e terroristiche e su alcuni omicidi dell’eversione nera.
Fra le molteplici e ancora non del tutto note connessioni, quelle principali riguardano il ruolo di Nino Madonia, gli intrecci con settori dei servizi segreti di quegli anni da parte della cosca mafiosa capeggiata dal padre, il ruolo di Vito Ciancimino e delle correnti democristiane in Sicilia ed in parte, nonostante le definitive assoluzioni processuali, dell’esponente del terrorismo neofascista Gilberto Cavallini. L’iniziale identificazione di Giusva Fioravanti come il killer dell’epifania del 1980 é stata spiegata dai collaboratori di giustizia Francesco Di Carlo e Gaspare Mutolo, un tempo esponenti di primo piano di Cosa Nostra, attribuendola alla effettiva grande somiglianza fra Fioravanti e Nino Madonia e al loro analogo modo di camminare. Resta da spiegare il percorso della pistola calibro 38 utilizzata per colpire a morte Piersanti Mattarella e impugnata da Gilberto Cavallini il successivo 23 giugno a Roma per uccidere il magistrato Mario Amato, che indagava sul gruppo della destra eversiva dei cosiddetti Nuclei armati rivoluzionari. Una galassia terroristica, quella dei Nar, attorno alla quale orbitava la banda della Magliana, e della quale oltre ai fratelli Fioravanti e a Cavallini facevano parte Francesco Mangiameli, Pier Luigi Concutelli e Stefano Volo che frequentavano sia Palermo sia Roma.
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