
I genitori delle quattro soldatesse osservatrici, Karina Ariev, Daniella Gilboa, Naama Levy e Liri Albag, che dovrebbero essere liberate oggi dalla prigionia, si stanno dirigendo verso la base militare nei pressi del confine con la Striscia di Gaza, vicino Reem, per incontrare per la prima volta le figlie dopo 477 giorni di prigionia. Lo riferiscono i media israeliani.
C'è speranza dopo che ieri Israele ha informato i mediatori che, nonostante Hamas abbia violato l’accordo e che ciò non è accettabile, non farà saltare il piano della tregua.
I funzionari della sicurezza israeliana ritengono che Hamas intenda usare il rilascio delle quattro soldatesse osservatrici per inscenare una sorta di spettacolo, con una parata militare, per sottolineare che le donne che sono state rapite il 7 ottobre sono militari, riferiscono i media locali rilanciando le immagini in diretta da Gaza. Secondo le stime di Al Jazeera, è possibile che le fasi del trasferimento delle rapite alla Croce Rossa avvenga sul palco collocato nel punto di consegna a Gaza City, dove la Croce Rossa firmerà i moduli di trasferimento su un tavolo. Il team della Croce Rossa che prenderà in consegna gli ostaggi intanto è in movimento verso il punto d'incontro.
Secondo la tv del Qatar Al Araby, in un report da piazza Saraya di Gaza City dove avverrà il rilascio, una delle soldatesse "leggerà un breve messaggio in arabo alla società palestinese riguardo al suo periodo di prigionia e ringrazierà i palestinesi per la protezione che le hanno dato".
Ieri dopo drammatiche ore di riflessione, Benyamin Netanyahu e l'establishment della sicurezza israeliano hanno accettato la lista di quattro ostaggi che torneranno a casa oggi, senza mandare a monte l'intero piano, nonostante le accuse ad Hamas di aver violato l'accordo siglato a Doha.
A uscire da Gaza saranno infatti le quattro soldatesse osservatrici ventenni che lanciarono inascoltate l'allarme sui movimenti di Hamas prima del 7 ottobre. Mentre restano escluse da questo secondo gruppo della prima fase le uniche due donne civili: Arbel Yehud e Shiri Bibas (madre dei due bambini Kfir e Ariel).
La quinta soldatessa rimasta nella Striscia, Agam Berger, non verrà rilasciata per il momento. Le donne da rilasciare erano osservatrici presso la base militare di Nahal Oz, lungo il confine tra Israele e Gaza, il 7 ottobre 2023, il giorno in cui i militanti palestinesi guidati da Hamas attraversarono il confine uccidendo 1200 persone e rapendone altri 251.
La base di osservazione di Nahal Oz, a solo un chilometro da Gaza, è stato uno dei primi punti attaccati dagli islamisti il 7 ottobre: furono uccisi 66 soldati, tra cui 15 osservatori, e altri sei furono rapiti. Il compito di questi soldati era quello di monitorare i movimenti sospetti dei miliziani lungo il confine, per garantire la sicurezza delle comunità e delle città vicine. Secondo quanto riferito da alcuni dei loro parenti, questi militari avevano raccontato di aver individuato, nei mesi precedenti l’attacco, addestramenti, finti rapimenti ed esercitazioni militari da parte di militanti di Hamas e di altri gruppi all’interno di Gaza. Quel 7 ottobre era il secondo giorno trascorso alla base per una delle quattro soldatesse che dovrebbero tornare libere oggi, Liri Albag.
Il piano che l'organizzazione terroristica si era impegnata a rispettare prevedeva invece l'obbligo di liberare per prime tutte le donne ancora in vita e non militari. In una dichiarazione al notiziario di Channel 12, un funzionario israeliano ha detto che Israele "non ripeterà l'errore commesso nell'accordo precedente, del novembre 2023", quando decise di riprendere i combattimenti dopo che Hamas aveva violato i termini dell'accordo su chi avrebbe rilasciato il settimo giorno.
Come era stato concordato, prima delle quattro del pomeriggio Hamas ha consegnato al Qatar la lista delle quattro rapite tenute in cattività a Gaza da 476 giorni, in cambio di decine di detenuti palestinesi. Il primo ministro al Thani ha inoltrato i nomi al direttore del Mossad David Barnea e l'ufficio di Netanyahu lo ha annunciato, mentre ai media è stato indicato di non pubblicare le identità prima che le famiglie venissero informate.
Contemporaneamente Hamas ha diffuso i nomi delle soldatesse, portate vie dall'avamposto militare di Nahal Oz, al confine con Gaza, il 7 ottobre 2023. Una doccia fredda per Israele, che ha subito fatto filtrare sui media la protesta ai mediatori per la violazione dell'accordo firmato con Hamas. In cambio delle soldatesse, ora Gerusalemme dovrà scarcerare per ognuna 50 detenuti palestinesi, 30 dei quali sono terroristi condannati all'ergastolo, che si sono macchiati di attentati con morti civili israeliani. In totale si stima che nel secondo round escano di cella 200 detenuti.
Giovedì i negoziatori avevano fatto sapere a Hamas che Israele si aspettava la liberazione della 29enne Arbel, presa in ostaggio insieme con il fidanzato Ariel Cunio dalla loro casa nel kibbutz Nir Oz, dove il fratello di lei, Dolev, è stato ucciso dai terroristi mentre difendeva la comunità. I suoi resti sono stati identificati il 3 giugno 2024.
L'organizzazione fondamentalista ha ammesso indirettamente in giornata che non tutti i sequestrati sono nella sua disponibilità con una dichiarazione: "Le fazioni della resistenza palestinese" consegneranno l'elenco dei nomi degli ostaggi che saranno rilasciati. Arbel, secondo l'intelligence, è in mano a una fazione legata alla Jihad. I media riferiscono che la giovane non verrà rilasciata sabato proprio a causa di contrasti dentro il gruppo jihadista. Il premier del Qatar ha trasmesso a Israele la garanzia che l'ostaggio escluso oggi sarà rilasciato la prossima settimana.
Lunedì scorso, Israele ha rilasciato 30 prigionieri per ciascuna delle tre rapite civili liberate, Romi Gonen, Emily Damari e Doron Steinbrecher. A oggi, 91 dei 251 ostaggi rapiti da Hamas il 7 ottobre rimangono a Gaza, compresi i corpi di almeno 34 morti confermati dall'Idf. Hamas sta anche trattenendo due civili israeliani entrati nella Striscia nel 2014 e nel 2015, così come il corpo di un soldato ucciso nel 2014. Il corpo di un altro soldato, anch'egli ucciso nel 2014, è stato recuperato a Gaza domenica. In giornata un altro fronte ha registrato una nuova decisione.
Netanyahu ha dichiarato che Israele non completerà il suo ritiro dal settore est del Libano meridionale entro la scadenza di 60 giorni stabilita dall'accordo di cessate il fuoco con Hezbollah, che cade lunedì. Nella prima conferma pubblica del ritardo, l'ufficio del premier ha dichiarato che "il processo di ritiro delle Idf è condizionato", poiché l'esercito libanese "non ha ancora pienamente applicato" i suoi obblighi, cioè non si è dispiegato completamente nella zona orientale, ma solo in quella occidentale. E nel mentre Hezbollah non si è spostato del tutto a nord del fiume Litani, a 30 chilometri dal confine con Israele, come è scritto nell'impegno di cessate il fuoco. "Il processo di ritiro graduale continuerà, in pieno coordinamento con gli Stati Uniti", ha fatto comunque sapere l'ufficio di Netanyahu.
Israele chiede a Unrwa di lasciare Gerusalemme entro 30/1
L'Unrwa, l'agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di assistere i rifugiati palestinesi, "deve cessare le sue operazioni a Gerusalemme ed evacuare tutti i locali in cui opera nella città" entro il 30 gennaio. Lo ha scritto l'ambasciatore israeliano al Palazzo di vetro al segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres in una lettera. Il 30 gennaio entra in vigore una legge che vieta all'Unrwa di operare sul territorio israeliano e di avere contatti con le autorità israeliane.
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