
C’è un altro indagato per l’inchiesta aperta dalla Procura diretta da Antonio D’Amato sulla droga e i telefonini che “giravano” all’interno del carcere di Gazzi e i “viaggi” dei droni per i rifornimenti, che vedeva in tutto 34 indagati, 9 appartenenti alla Polizia penitenziaria - di cui è stata decisa nei giorni scorsi la sospensione dall’Amministrazione centrale -, e 25 detenuti (ristretti o ex). Adesso il numero sale a 35 dopo la nuova perquisizione del 7 febbraio, e il nuovo indagato è il detenuto Filippo Benenati, originario di Barcellona. A lui è stato attributo il possesso illegale. A quanto pare un ispettore della Polizia penitenziaria ha trovato un Iphone Se con il caricatore, privo di sim card, nella sua cella, e ne ha dato comunicazione quel giorno stesso al magistrato di turno, la pm Liliana Todaro, che ha proceduto al sequestro. Il telefonino era stato occultato dietro un armadietto a muro collocato nel bagno nella cella n. 5, al primo piano alla sezione “Cellulare”.
Una nuova puntata quindi, dopo il ritrovamento di dieci telefonini nella perquisizione effettuata il 31 gennaio scorso da oltre un centinaio di uomini tra i carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Messina e quelli del Nucleo investigativo centrale di Roma della Polizia penitenziaria, nell’ambito dell’indagine coordinata dalla procuratrice aggiunta Rosa Raffa e affidata ai sostituti della Distrettuale antimafia Francesca Bonanzinga e Marco Accolla e alla collega della Procura Anita Siliotti. L’ipotesi di reato contestata a Benenati è allo stato contemplata nell’art. 391 ter c.p., ovvero “Accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti”.
Le modalità con cui venivano introdotti in carcere la droga e i telefonini erano molteplici, hanno spiegato i magistrati della Dda nel decreto di perquisizione urgente firmato a gennaio: attraverso i colloqui con i detenuti con il concorso delle persone che vanno a colloquio, con i “lanci” dall'esterno verso le aree “passeggio” e “campo sportivo” della casa circondariale, o anche tramite corrispondenza.
L’indagine nella fase iniziale ha portato ad iscrivere oltre cinquanta detenuti nel registro degli indagati dei quali ventuno risultano attualmente detenuti.

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