
«Abbiamo bisogno della sua voce, della sua bussola, in questo mondo di potenti e prepotenti, se veramente non ritorna lui a proteggerci sarà la fine perché tira una brutta aria nel mondo». A parlare è uno dei tanti fedeli che questa mattina, intorno a mezzogiorno, l’ora dell’Angelus, si sono ritrovati spontaneamente a pregare sotto la statua di San Giovanni Paolo II nel piazzale del policlinico Agostino Gemelli dove al decimo piano papa Francesco ha raggiunto ormai il suo 17esimo giorno di degenza. Ed è una voce simile alle tante che si sono sentite oggi come ad esempio quella di don Giacomo Martinelli che ha guidato la preghiera dei Ragazzi dell’Immacolata, ("Francesco ci chiede la pace ma gli uomini non lo ascoltano"), e che appaiono in sintonia anche con quanto si legge nei tanti bigliettini, messaggi, letterine, disegni che genitori e bambini hanno lasciato sotto la statua. Altri disegni e letterine dello stesso tenore compaiono anche nei corridoi dell’ospedale, specie dove è allestita la scuola per l’infanzia per i piccoli degenti. "Guarisci presto Papa», dice un disegno appeso proprio sotto a una grande scritta colorata della parola PACE.
Voci dei fedeli e voci di popolo, dunque, che sembrano portare avanti un vero e proprio dialogo a distanza con Francesco degente, costretto alla stanza d’ospedale quando invece, in cuor suo, vorrebbe tornare a profondere ogni sforzo possibile per la risoluzione dei tanti conflitti sparsi nel mondo, anche quelli dimenticati. «Da qui la guerra appare ancora più assurda - scrive infatti per l’Angelus, il terzo che non può leggere -. Preghiamo per la martoriata Ucraina, per Palestina, Israele, Libano, Myanmar, Sudan, Kivu». All’esterno del policlinico sono ancora tanti i rosari, le intonazioni di Ave Maria, le preghiere per la salute e la guarigione del Pontefice. Chi viene lascia un fiore, un mazzo di rose bianche, un lumino. Si sgrana il rosario, si indossano grosse croci di legno intarsiato, come quella di un religioso portoghese. Ma non è solo la polmonite del Papa a preoccupare. E’ come se ci riunisse per condividere con Francesco malato la più larga preoccupazione per le sorti del mondo.
«La preghiera è il modo con cui ci si aiuta, ci si incontra, per noi è la forza più potente, quella di Cristo che ci rende vittoriosi anche sul male», spiega don Martinelli. "Così venire a pregare, venire a recitare l’Angelus, essere qui in qualche modo a sostegno del Papa - aggiunge -, oltre che un’esigenza del cuore, diventa un modo per sostenere la Chiesa e sostenere il Papa in questa lotta, che lui ci sta offrendo proprio per la pace». «L'anno scorso a Natale - ricorda il sacerdote - Francesco aveva detto, fatemi il regalo della pace e invece a quanto pare gli uomini non lo ascoltano ma forse una possibilità in più di essere accolto è proprio attraverso questa sua sofferenza» che diviene così «una voce ancora più potente. Gesù, d’altra parte, ci ha salvato esattamente nel momento più grande della sua sofferenza sulla Croce».
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