Omicidio Willy, ergastolo per Marco Bianchi, 28 anni al fratello. Le dichiarazioni prima della sentenza: 'Non siamo mostri'

Marco Bianchi condannato all’ergastolo mentre il fratello Gabriele, a cui sono state riconosciute le attenuanti generiche, condannato a 28 anni. Lo ha deciso la Corte d’Assise di Appello di Roma per l’omicidio di Willy Monteiro Duarte ucciso nella notte tra il 5 e il 6 settembre del 2020 a Colleferro, centro in provincia della Capitale. La sentenza è arrivata alla fine dell’appello bis disposto dalla Cassazione limitatamente al riconoscimento delle attenuanti mentre la responsabilità penale per l’omicidio era già passata in giudicato
Dichiarazioni spontanee
«Noi non siamo dei mostri, chiediamo scusa alla famiglia di Willy per il dolore che prova e per quello che è avvenuto». I fratelli Bianchi hanno deciso di parlare in aula prima della sentenza. «Non l’ho colpito. Io morirò in carcere, ma non ammetterò mai» un reato che non ho commesso «Willy non l’ho colpito. Questo è certo e non dirò mai una cosa per un’altra», spiega Gabriele Bianchi. «Sono addolorato per la morte di Willy tanto che sto frequentando un corso per la giustizia riparativa. A me dispiace intensamente per quello che è successo, farei di tutto» per cambiare le sorti di quella notte. «Oggi sono una persona migliore e lo sto dimostrando in tutti i modi: mi sto anche laureando e in carcere vado d’accordo con tutti. Spero di abbracciare mio figlio fuori dalle mura del carcere. Vorrei ringraziare le persone che mi sono state accanto, soprattutto la madre di mio figlio», aggiunge il giovane guardando la compagna che si è più volte commossa. Gabriele Bianchi afferma poi di «voler chiedere scusa alla famiglia di Willy». Marco Bianchi, collegato in videoconferenza dal carcere, spiega invece di «aver tirato un calcio» a Willy. «Mi dispiace per quanto avvenuto. Io ho dato un calcio e sono addolorato di aver causato dolore alla famiglia di Willy, sono responsabile del mio calcio. Non mi nascondo - aggiunge -. Mi dispiace che mio fratello è stato coinvolto in questa situazione, ma lui non ha mai toccato Willy. Mi dispiace per tutto. Non siamo però quei ragazzi che hanno descritto». Marco Bianchi spiega poi di «non aver mai toccato Willy quando era a terra. Pago la mia responsabilità. Chiedo scusa, ma non siamo i mostri descritti».
Requisitoria e arringhe
La procura generale di Roma ha chiesto la pena dell’ergastolo per i due fratelli nell’udienza che si è svolta lo scorso 17 gennaio. Il processo era tornato davanti ai giudici di secondo grado per volere della Cassazione solo per la questione relativa alle attenuanti concesse in appello ai fratelli di Artena. «E' la legge che stabilisce che l’intensità del dolo è un parametro per le attenuanti generiche. Il parametro non può essere la valutazione morale del soggetto, ma l’analisi laica e oggettiva della condotta al momento del fatto», dice invece l’avvocato Ippolita Naso, difensore di Gabriele Bianchi replicando al procuratore generale.
La madre di Willy, le condanne non ce lo ridaranno
«Le condanne non ci ridaranno Willy. Mi auguro che questi ragazzi apprezzino il fatto di essere vivi con un famiglia che li può vedere e sentire la loro voce. A noi di Willy è rimasta solo una fotografia e la sua voce è solo un ricordo lontano». Lo dice Lucia, madre di Willy Monteiro Duarte dopo la sentenza dell’appello bis per i fratelli Marco e Gabriele Bianchi. «Mi auguro che i fratelli Bianchi imparino a rispettare gli altri e a fare in modo che un altra famiglia non viva quello che abbiamo vissuto noi», aggiunge.