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Presunto giro di riciclaggio, maxi blitz antimafia tra Bologna e Modena VIDEO

Vasta operazione della Direzione Investigativa Antimafia, con il supporto dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, denominata “On Air”, coordinata dalla DDA di Bologna, a contrasto della criminalità organizzata che, oltre al territorio felsineo, interessa anche le province di Modena, Roma, Napoli e Caserta.

Nello specifico, il Centro Operativo DIA di Bologna ha dato esecuzione ad un’ordinanza cautelare del GIP del locale Tribunale, a firma di Claudio Paris, a carico di 10 persone di origine casertana, ritenute responsabili di associazione per delinquere finalizzata all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, riciclaggio, autoriciclaggio e sostituzione fraudolenta di valori, nell’ambito della quale sono state disposte le misure coercitive/interdittive degli arresti domiciliari (4), dell’obbligo di dimora (5) e della sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio (nei confronti di un dipendente di Poste Italiane), nonché  il sequestro preventivo, per un totale di oltre 2 milioni di euro, a carico di 5 società (affidate ad un amministratore giudiziario) e 25 persone fisiche.

L’indagine “On Air”, diretta dal pm Roberto Ceroni, trae origine da un atto d’impulso della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo che ha richiamato l’attenzione dei colleghi bolognesi su una segnalazione per operazioni sospette relativa a un presunto giro di riciclaggio, con possibili collegamenti con la criminalità organizzata di origine campana. I successivi approfondimenti condotti dalla DIA di Bologna sulla s.o.s. attraverso il ricorso ad accertamenti bancari, intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali, nonché servizi di pedinamento, hanno permesso di disarticolare una conventicola dedita all’emissione di fatture per oltre 10 milioni di euro nel solo biennio 2019-2020 e al “lavaggio” del denaro illecitamente accumulato grazie alle frodi fiscali.

Le investigazioni hanno evidenziato che l’importo bonificato a fronte delle fatture per operazioni inesistenti veniva sistematicamente monetizzato mediante prelevamenti effettuati da alcuni indagati, cosiddetti “cavalli”, che retrocedevano il contante alle aziende utilizzatrici delle fatture fasulle previa trattenuta di una percentuale pari a circa il 10% dell’imponibile riportato nei documenti che andava a remunerare i servigi dell’organizzazione criminale.

Effettuate inoltre 70 perquisizioni, estese in ragione di quanto sopra anche alle persone fisiche e giuridiche “clienti” dell’organizzazione criminale.

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