
Potrebbe chiedere la perizia psichiatrica per il suo assistito Roberto Grittini, l’avvocato difensore di Jashandeep Badhan. Il giovane, di origine indiana, è detenuto nel reparto protetti del carcere di Pavia per l'omicidio di Sara Centelleghe, 18enne uccisa con 67 forbiciate il 26 ottobre dello scorso anno nella sua abitazione di Costa Volpino, paese della Bergamasca che si affaccia sul lago d’Iseo.
"Ero fatto, avevo preso cocaina, eroina e cortisone», ha detto il 19enne che si è fatto interrogare dopo l’avviso di chiusura delle indagini del pm Gianpiero Golluccio che prelude la richiesta di rinvio a giudizio. Le sue condizioni mentali fanno dubitare il legale del fatto che fosse pienamente in sé quando ha commesso l’omicidio.
Badhan, viveva nello stesso complesso della vittima, ma in un’altra scala. Le accuse nei suoi confronti sono di omicidio aggravato dalla crudeltà e dalla minorata difesa e dall’aver ucciso per commettere un altro reato: ovvero prendere dell’hashish, che l’omicida era convinto possedesse un’amica ospite della ragazza uccisa. Aggravanti da ergastolo. Al magistrato che lo ha interrogato il giovane ha raccontato di essere salito nell’appartamento della vittima dopo che l'amica non si era fatta trovare all’appuntamento fuori casa per avere l’hashish. La porta non era chiusa a chiave. Sara, che stava dormendo, si era svegliata e, impaurita, l’aveva preso a pugni, scatenandone la reazione. Decine di forbiciate, anche al viso, che non le hanno lasciato scampo. Ci sono però dettagli del racconto di Badhan che non collimano. Tra il giovane e l’amica di Sara, che avrebbe dovuto dargli l’hashish, risultano dei messaggi da cui si capisce che a non presentarsi all’appuntamento è stato lui, e non la ragazza, tanto che è lei a cercarlo. E lui scrive che non è potuto uscire di casa perché i genitori gliel'avevano impedito. Sara, però, all’ora di quel messaggio era già stata uccisa ed era stata la stessa amica a trovarla senza vita. L’omicidio aveva sconvolto il paese di quasi 9mila abitanti. «Bisogna fare qualcosa, è ora di finirla, non può sempre andare avanti così, non possono sempre passarla liscia - aveva detto nell’immediatezza il padre della ragazza uccisa -. È una questione di cultura, che è sbagliata: bisogna cominciare dall’inizio, da quando sono piccoli, a fargli capire e a dire che le donne non vanno trattate così». «Ormai - aveva aggiunto l'uomo - è all’ordine del giorno che viene uccisa una ragazza, una donna, senza motivo. Per niente. Perché? Sara è morta per cosa? Mia figlia per cosa è morta? Io mi chiedo questo: perché?».
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