
«La morte non è la fine di tutto, ma l’inizio di qualcosa». Con queste parole profonde e luminose, Papa Francesco ha lasciato un’ultima riflessione sul senso della vita, della vecchiaia e dell’eternità. Un testo inedito, scritto pochi giorni prima del suo ricovero al Policlinico Gemelli e ora reso pubblico che rappresenta la prefazione al libro del cardinale Angelo Scola «Nell’attesa di un nuovo inizio. Riflessioni sulla vecchiaia», oltre che una sorta di testamento spirituale che racchiude il cuore della sua visione cristiana: la morte come nuovo inizio, non come conclusione.
Il documento, datato 7 febbraio 2025, è una prefazione che assume oggi il tono di un congedo sereno e pieno di speranza. «La vita eterna è iniziare qualcosa che non finirà», scrive Francesco, spiegando che chi ama sperimenta già ora sulla terra un anticipo dell’eternità. Non è un distacco freddo o disperato quello che descrive, ma piuttosto un passaggio, un “nuovo inizio” nel segno della continuità dell’amore.
Nel suo scritto, Francesco non parla solo della morte, ma anche della vecchiaia, definendola «un’età della vita davvero feconda», un tempo in cui si può irradiare saggezza, ponderatezza, ascolto e lentezza: valori sempre più rari ma di cui, secondo lui, l’umanità ha bisogno urgente. Con realismo e dolcezza, riconosce le fatiche fisiche e psicologiche che accompagnano l'invecchiamento, ma invita a viverle con gratitudine e riconoscenza, come parte del mistero della vita.
«Il problema non è diventare vecchi – scrive – ma come si diventa vecchi». Un invito a vivere ogni stagione dell’esistenza con dignità, senza edulcorare la realtà, ma nemmeno senza cedere al pessimismo o al rifiuto della fragilità.
Francesco parla anche del ruolo fondamentale dei nonni nella società. Nella sua visione, la memoria e l’esperienza degli anziani sono fari che illuminano le nuove generazioni, offrendo radici profonde in un mondo spesso frenetico e superficiale. «La loro parola, la loro saggezza possono instillare nei più giovani uno sguardo lungo», afferma con convinzione. Il testo si chiude con un'immagine carica di tenerezza e affetto fraterno: un abbraccio simbolico a un compagno di viaggio nella Chiesa, ma che oggi appare anche come un saluto finale al mondo.
Con parole che ora risuonano come un epitaffio, Francesco scrive: «Sempre accumunati dalla gratitudine verso questo Dio amoroso che ci offre vita e speranza in qualunque età del nostro vivere». Ora che Papa Francesco ha varcato quella soglia che egli stesso descriveva non come fine ma come inizio, le sue parole restano come un’eredità spirituale per chi resta: un invito a non temere il tempo che passa, a vivere ogni istante con fede e a guardare alla morte non con paura, ma con la consapevolezza di chi sa che l’amore – quello vero – non finisce mai.
Caricamento commenti