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L'arcivescovo di Monreale: "Non sappiamo più dialogare. Le morti dei tre giovani ci interrogano sul perchè"

«Essere qui, davanti ai corpi senza vita di Andrea, Salvatore e Massimo, ci pone brutalmente di fronte alla gravità della situazione sociale nella quale siamo immersi, caratterizzata troppo spesso dalla violenza: non sappiamo più parlare, dobbiamo urlare; non sappiamo più dialogare, dobbiamo inveire; non sappiamo ascoltare, dobbiamo imporci. Da qui, agli atti di violenza fisica e di morte il passo è veramente breve come ci mostra la cronaca quotidiana. Pare che nessun luogo o comunità possa essere immune da un tale contagio di violenza».

Così Gualtiero Isacchi, l’arcivescovo di Monreale, nel corso dell’omelia per le tre vittime della sparatoria avvenuta dopo la mezzanotte di sabato scorso nella cittadina del Palermitano. «Dobbiamo compiere una decisa e radicale inversione di marcia. Ma da dove partire? - ha aggiunto l’arcivescovo - Le morti di Andrea, Salvatore e Massimo ci interrogano: perché tanta ingiustizia? Perché tanta violenza?». «Care mamme Antonella, Giusi e Debora; cari papà Mario, Giacomo ed Enzo; cari Claudia, Marco, Giusi, Giuseppe, Ignazio, Sabrina, Marika e Gabriel Ignazio; cari nonni, famigliari tutti, insieme con voi piange tutta Monreale. Piangono, pure, tanti uomini e donne - genitori, figli, educatori - che da tutta Italia hanno fatto giungere il cordoglio e la partecipazione al nostro dolore e alla nostra preghiera», ha continuato l'arcivescovo. «Il perdono è un’azione potente che taglia la strada all’ingiustizia - ha sottolineato -, spezza la catena della violenza e offre la possibilità, a tutte le vittime del sistema violento, di convertirsi e di riprendere in mano la propria esistenza».

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