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Leone XIV e la sfida dell’intelligenza artificiale: una nuova Rerum Novarum per l’era digitale

L’aiuto del Sacro Collegio, per un ruolo «chiaramente di gran lunga superiore alle mie forze, come a quelle di chiunque». La ripresa del nome da Leone XIII, perché la Chiesa oggi deve «rispondere a un’altra rivoluzione industriale e agli sviluppi dell’intelligenza artificiale». E un punto fermo ben chiaro e definito: "rinnoviamo la nostra piena adesione al Concilio Vaticano II».

È denso come un programma di governo, di vasta portata e di lunga durata, il discorso rivolto stamane da Leone XIV ai cardinali incontrati nell’aula nuova del Sinodo a due giorni dall’elezione. Un confronto durato circa due ore che, dopo l'introduzione del Papa, ha visto anche numerosi interventi e scambi, un po’ sulla linea di quelle che sono state le congregazioni pre-Conclave.

«Voi, cari Cardinali, siete i più stretti collaboratori del Papa, e ciò mi è di grande conforto nell’accettare un giogo chiaramente di gran lunga superiore alle mie forze, come a quelle di chiunque», dice Prevost, confortato dal fatto «che il Signore, che mi ha affidato questa missione, non mi lascia solo nel portarne la responsabilità» e sapendo «prima di tutto di poter contare sempre, sempre sul suo aiuto» e «sulla vicinanza vostra e di tanti fratelli e sorelle che in tutto il mondo credono in Dio, amano la Chiesa e sostengono con la preghiera e con le buone opere il Vicario di Cristo».

Il Papa si definisce «un umile servitore di Dio e dei fratelli, non altro che questo». E si richiama agli «esempi di tanti miei predecessori, da ultimo quello di Papa Francesco stesso, con il suo stile di piena dedizione nel servizio e sobria essenzialità nella vita, di abbandono in Dio nel tempo della missione e di serena fiducia nel momento del ritorno alla Casa del Padre». «Raccogliamo questa preziosa eredità e riprendiamo il cammino - dice - animati dalla stessa speranza che viene dalla fede», aggiunge.

Uno dei punti centrali, e fortemente significativi, di questo intervento programmatico, è quello in cui Leone XIV dice di volere «che insieme, oggi, rinnovassimo la nostra piena adesione, in tale cammino, alla via che ormai da decenni la Chiesa universale sta percorrendo sulla scia del Concilio Vaticano II». E ricorda che papa Francesco «ne ha richiamato e attualizzato magistralmente i contenuti» nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium: «il ritorno al primato di Cristo nell’annuncio; la conversione missionaria di tutta la comunità cristiana; la crescita nella collegialità e nella sinodalità; l'attenzione al sensus fidei, specialmente nelle sue forme più proprie e inclusive, come la pietà popolare; la cura amorevole degli ultimi, e degli scartati; il dialogo coraggioso e fiducioso con il mondo contemporaneo nelle sue varie componenti e realtà», spiega Prevost. «Si tratta di principi del Vangelo», sottolinea, ricordando la «speranza ultima di chiunque cerchi con animo sincero la verità, la giustizia, la pace e la fraternità.

La sintonia con papa Bergoglio appare in questi passi totale. Ma non mancano certo elementi personali e di novità. La conclusione, ad esempio: «proprio sentendomi chiamato a proseguire in questa scia, ho pensato di prendere il nome di Leone XIV». «Diverse sono le ragioni» confida ai cardinali aggiungendo però che la scelta è dipesa «principalmente» dal fatto che Leone XIII, con la storica Enciclica Rerum novarum, "affrontò la questione sociale nel contesto della prima grande rivoluzione industriale». E oggi la Chiesa, scandisce Prevost, "offre a tutti il suo patrimonio di dottrina sociale per rispondere a un’altra rivoluzione industriale e agli sviluppi dell’intelligenza artificiale, che comportano nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro». E di sicuro, anche al nuovo Papa, il lavoro non mancherà.

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