
Il duello era atteso e duello è stato. Prima con Giuseppe Conte, sul piano di riarmo e sulla situazione a Gaza. Poi con Elly Schlein, in un acceso botta e risposta sulla sanità, con particolare riferimento al fenomeno dei «gettonisti» in corsia. I toni si alzano e le accuse reciproche non mancano. A far innervosire particolarmente Giorgia Meloni sono le parole della segretaria del Pd, accusata di «mentire per propaganda».
L’occasione è il premier question time a Montecitorio, più animato rispetto a quello di una settimana prima al Senato. A movimentare l’Aula anche la protesta di Riccardo Magi, che ha richiamato l’attenzione sui referendum. «Gli italiani vedono che c'è una linea chiara anche rispetto alle opposizioni che al governo approvano delle riforme che poi cercano di abrogare con il referendum», ha commentato Meloni rispondendo a una domanda di Maria Elena Boschi.
Nel Transatlantico si registra grande afflusso di cronisti, meno di deputati. Assenti anche i due vicepremier: Antonio Tajani è in missione in Turchia, mentre Matteo Salvini, dopo una conferenza stampa alla Camera, viene avvistato nel pomeriggio agli Internazionali di tennis al Foro Italico, mentre Meloni risponde alle domande in Aula. Più tardi parteciperà anche a un incontro della comunità romena in Italia con il candidato George Simion, leader del partito Aur.
Il dibattito inizia in tono disteso: interpellata dal suo stesso partito, Meloni annuncia la creazione a Palazzo Chigi di un gruppo di lavoro sul disagio giovanile e assicura attenzione alle minoranze linguistiche che chiedono maggiore rappresentanza al Parlamento europeo.
La tensione sale con l’intervento di Angelo Bonelli (Avs), che chiede chiarimenti sulla posizione del governo su Gaza e sulla proposta del premier israeliano Netanyahu di intervenire con la forza nella Striscia. Meloni prende per la prima volta le distanze dal governo israeliano: «Non abbiamo condiviso diverse scelte e non condividiamo le recenti proposte», ribadendo che per l’Italia «la via è il dialogo, anche critico». Tuttavia, Roma non ha intenzione di richiamare l’ambasciatore in Israele. Definisce la situazione «sempre più drammatica e ingiustificabile», ma le sue parole non placano le opposizioni, che si alzano in piedi dopo l’invito di Conte a condannare «in silenzio questo sterminio». Meloni resta seduta, attirandosi urla di «vergogna» dai banchi delle minoranze.
Conte aveva chiesto conto del piano di riarmo europeo, ma Meloni replica ricordando quando, da presidente del Consiglio, aveva aumentato le spese per la difesa. «Forse era un altro Giuseppi», ironizza.
Il confronto si accende ulteriormente con Schlein, che accusa il governo di voler una «sanità a misura di portafogli», definendo il sottofinanziamento «una tassa Meloni». La premier ribatte che il fondo sanitario non ha mai ricevuto tanti fondi come oggi, con «10 miliardi in più» rispetto al 2022, un aumento «che il Pd non si è mai sognato». Rivendica anche di aver contrastato i medici a gettone, ma Schlein ribatte: «Non è mai stata in un ospedale, i medici a gettone ci sono ancora».
Meloni chiude il question time parlando dei risultati economici e della sua opposizione al «green deal ideologico», citando la rinnovata sintonia con la Germania del Cancelliere Friederich Merz.
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