
Autonomia sì ma sempre nei limiti stabiliti dalla Costituzione e all’interno dei limiti del principio di sussidiarietà. Sergio Mattarella interviene al Festival delle Regioni e delle Province Autonome che si sta svolgendo a Venezia ed affronta a viso aperto il tema delicatissimo della riforma dell’Autonomia differenziata.
Il presidente della Repubblica prende la parola in un auditorio evidentemente spaccato tra fautori e detrattori della riforma e, seppur certamente non critica la riforma della maggioranza all’esame del Parlamento, sfrutta l’occasione per piantare alcuni paletti. Proprio nel giorno in cui il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge delega sui Livelli essenziali di assistenza (Lep), vero rebus del contestato disegno di legge che porta il nome di Calderoli, il capo dello Stato ha almanaccato alcune considerazioni in punta di diritto.
Ma prima di queste il presidente ha picchiato duro su quello che potrebbe essere uno dei nodi centrali della riforma, cioè la Sanità. In questa materia serve una fortissima e «leale collaborazione» tra Stato e Regioni ma soprattutto niente deve inficiare il tentativo di riportare uniformità geografica nel Servizio Sanitario Nazionale che, sottolinea Mattarella, è "soggetto a una dinamica di costi crescenti e per il quale, accanto al problema delle risorse, si pongono esigenze di razionalizzazione e di riqualificazione per migliorare i servizi offerti ai cittadini. Una strategia unitaria e la collaborazione tra istituzioni sono necessarie per superare intollerabili divari tra i diversi sistemi sanitari regionali e garantire una copertura universale e un accesso uniforme alle prestazioni sull'intero territorio della Repubblica, obiettivi irrinunciabili di un Servizio sanitario nazionale».
Parole chiare che il presidente usa anche per chiedere più volte che ci sia «leale collaborazione» tra lo Stato centrale e le amministrazioni locali in nome del «bene comune». Al punto da citare il suo stesso ruolo per far comprendere la delicatezza della materia: «affinché l’ordinamento della Repubblica funzioni, è indispensabile che Regioni e Stato collaborino proficuamente nel rispetto - ripeto - dei limiti delle proprie competenze stabilite dalla Costituzione o dalla legge. Questo vale per i diversi livelli di Governo ma anche nei rapporti tra i poteri. Lo stesso Presidente della Repubblica, pur nella particolare peculiarità del suo ruolo, è tenuto ad adottare come metodo quello della leale collaborazione».
Più tecnico diventa il ragionamento di Mattarella quando evidenzia come l’Autonomia «si dimostri efficace e vantaggiosa per le collettività quando comporta l'esercizio di funzioni e competenze secondo una ragionevole applicazione dei principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione, termini che la nostra Costituzione impiega con riferimento alle funzioni amministrative ma che costituiscono criteri validi anche con riferimento all’articolazione delle funzioni legislative».
Naturalmente il presidente non discute il valore delle forme di autonomia e anzi ricorda all’auditorio attento che «il principio autonomista» è «presente sin dall’origine tra i principi fondamentali nella nostra Carta costituzionale». Ma proprio in base a questo assunto ripete che oggi «Sono numerosi i casi in cui Regioni e Stato concorrono all’esercizio di una funzione attribuita dalla Costituzione in vista di un risultato comune. Diventa, in queste ipotesi, indispensabile la convergenza e un corretto bilanciamento tra le rispettive istanze ed esigenze».
Su un punto il capo dello Stato è lapidario: sono "intollerabili i divari regionali» sulla Sanità. Tema questo tra i più dibattuti dalla politica rispetto ad un trend incontestabile di privatizzazione delle cure mediche. Bisogna "garantire una copertura universale e un accesso uniforme alle prestazioni sull'intero territorio della Repubblica: questi sono obiettivi irrinunciabili di un Servizio sanitario nazionale».
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