
La parola d’ordine in Europa ora: è sanzioni più dure per spingere Vladimir Putin alla pace. Con un rinnovato accento sul coordinamento. Ecco perché fioccano i contatti sulla rotta Bruxelles-Londra-Washington, arrivando poi ad allargare il campo al G7. Ecco cosa bolle al momento in pentola.
UNIONE EUROPEA: I 27 hanno dato il via libera oggi al 17esimo pacchetto sanzioni. Le misure includono l’aggiunta alla lista nera dell’Ue di ulteriori 189 navi della flotta ombra, entità di Emirati Arabi Uniti, Turchia e Hong Kong complici del trasporto via mare di greggio e prodotti petroliferi russi nonché della Surgutneftegaz, grande compagnia petrolifera russa che garantisce entrate consistenti al governo russo. Inoltre sono state approvate altre misure per limitare il trasferimento di beni dual use a Mosca. Ma non basta. L’Ue è già al lavoro sul 18esimo pacchetto, «con ulteriori sanzioni incisive» (stando alla presidente Ursula von der Leyen). L’Ue potrebbe prossimamente includere misure restrittive sui gasdotti Nord Stream 1 e 2, l’aggiunta di ulteriori navi della flotta ombra russa alla lista nera, un abbassamento del tetto massimo del prezzo del petrolio (l'obiettivo è scendere sotto i 60 dollari) e sanzioni sul settore finanziario russo. Ma c'è anche chi chiede una versione blustellata del ddl di Lindsay Graham, ottenendo così un bazooka europeo.
GRAN BRETAGNA: Il governo di Keir Starmer ha approvato sanzioni contro oltre un centinaio di nuove entità e individui e mirano a colpire i settori dell’industria militare, dell’energia e della finanza nonché «la guerra dell’informazione contro l'Ucraina» attribuita al Cremlino. Le azioni annunciate da Londra puntano a indebolire, fra l’altro, «la catena di rifornimenti» per la produzione di armi russe tra cui «i missili Iskander» e – sostiene il ministero degli Esteri – stanno avendo un impatto pesante sull'economia di Mosca e sul suo Pil.
STATI UNITI: Washington tergiversa ma ha in canna il pacchetto Graham, appunto. La parte più dura prevede «il divieto d’investimenti nel settore energetico russo; sanzioni a chi supporta la produzione russa di petrolio, uranio o gas; il divieto totale d’importazione di uranio dalla Russia (gli Usa ne acquistano ancora); l’aumento dei dazi al 500% su beni e servizi russi (inclusi petrolio e gas); dazi del 500% anche sui Paesi che acquistano petrolio, uranio o prodotti russi». A chiudere, il blocco delle transazioni e congelamento dei beni «di istituzioni finanziarie russe» (ad esempio Banca Centrale Russa, Sberbank, VTB Bank) e «le sanzioni ai fornitori di servizi finanziari globali» (come SWIFT) che collaborano con istituzioni russe sanzionate. «È stato firmato da quasi 80 senatori», ha ricordato il ministro degli Esteri polacco Radosław Sikorski, arrivando al Consiglio Difesa-Esteri a Bruxelles.
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