
Quindici "minuzie dattiloscopiche" collegano Andrea Sempio all'impronta fotografata 18 anni fa su un muro della villetta di Garlasco in cui venne trovata morta Chiara Poggi.
Lo stabilisce la consulenza disposta dalla Procura di Pavia nell'ambito della nuova indagine sul delitto. E' il risultato raggiunto grazie alle più recenti tecnologie a disposizione delle investigazioni scientifiche, che dovrà però essere ancora approfondito nell'indagine riaperta dopo due relazioni depositate dalla difesa di Alberto Stasi, l'allora fidanzato delle vittima che sta finendo di scontare 16 anni di carcere.
Come fa sapere con una nota ufficiale il procuratore Fabio Napoleone, infatti, ci sono sono in corso una serie di indagini su una parte dell'impronta, che 18 anni fa era "stata asportata dal muro grattando l'intonaco con un bisturi sterile". E questo con l'obiettivo di arrivare, grazie alle "nuove potenzialità tecniche a diposizione", a isolare tracce ematiche e a individuare il Dna a riscontro di quanto emerso finora, attraverso una comparazione solo con la foto scattata all'epoca.
Nella consulenza firmata dagli esperti nominati dall'aggiunto Stefano Civardi e dalle pm Valentina De Stefano e Giuliana Rizza, si conclude che delle 8 impronte - una palmare e 7 digitali - utili alla identificazione dattiloscopica, una è di Sempio e una di Stasi, ed è del mignolo della mano sinistra su uno dei cartoni della pizza mangiata la sera prima con Chiara (sui due contenitori ce ne sono altre tre non attribuite). Altre tre appartengono a un artigiano che aveva fatto lavoretti alla porta del tinello della villa. Il suo nome era già spuntato nella consulenza del Ris.
Il palmo della mano di Sempio impresso sul muro, però, per i pubblici ministeri assume rilievo se considerato alla luce non solo dell'alibi, che per l'accusa sarebbe stato precostituito con lo scontrino del parcheggio di Vigevano conservato per un anno e poi consegnato, ma anche degli appunti che i carabinieri del Nucleo Investigativo di Milano, lo scorso marzo, hanno trovato tra la sua spazzatura: fogli accartocciati con frasi del tipo "ho fatto cose brutte", da "non immaginare" e - questa è l'interpretazione di chi lo accusa - con frasi che si riferiscono al delitto. La difesa di Sempio smentisce però che esistano questi scritti. 'A me non risultano proprio' taglia corto l'avvocata Angela Taccia, che con Massimo Lovati difende l'amico di Marco Poggi.
Ora c'è da attendersi i risultati delle analisi su diari, quaderni e quant'altro, sequestrati la scorsa settimana durante le perquisizioni a casa del 37enne a Voghera e pure nell'abitazione di Garlasco dove ora vivono la madre e il padre. E non sono escluse altre mosse della procura.
Che quella traccia abbia un nome e cognome, secondo Taccia, non è cosa peregrina in quanto "ha frequentato ogni angolo della casa, tranne la camera da letto dei genitori di Chiara e di Marco". Anche per il loro legale, Gian Luigi Tizzoni, "non è decisiva" perché Marco teneva i videogiochi e la playstation nella tavernetta che si trova proprio al piano seminterrato.
Quindi è probabile che avessero percorso spesso quelle scale.
Dove per altro, ha fatto notare l'avvocato, la traccia dell'unica scarpa, per le indagini calzata dall'assassino, con la suola "a pallini e numero 42, si ferma al secondo scalino" e non ce ne sono altre più in basso, in prossimità dalla manata di Sempio.
A questo proposito, su input della difesa di Stasi, stanno procedendo gli accertamenti tecnici di parte, ossia disposti dai pubblici ministeri, per appurare ancora una volta quale sia il numero riferibile a quella scarpa Marca Frau: il 42 come quello di Stasi o il 44 come quello di Sempio. Oltre a ciò l'inchiesta, che dovrebbe anche avvalersi di un profiler del Racis per tracciare la personalità del 37enne, sta passando al setaccio testimonianze, incrociando movimenti, celle telefoniche e tutto quanto può servire nel tentativo di smontare quell'alibi a cui la Procura e carabinieri non credono. E, anche, per evitare quel che ribadisce oggi il giudice che in primo grado assolse Alberto Stasi: "Il ragionevole dubbio non è una sconfitta dello Stato, ma una vittoria, un valore che deve unire tutti perché è meglio un colpevole fuori che un innocente dentro".
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