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Garlasco: "Sul muro vicino al corpo di Chiara Poggi 6 impronte ancora ignote"

Sulle due pareti del muro della scala, dove in fondo è stato trovato il corpo di Chiara Poggi, oltre all’ormai nota impronta 33 attribuita ad Andrea Sempio, c'erano altre sei tracce «palmari», mai indentificate, e che gli esperti, nominati dalla Procura di Pavia, hanno rianalizzato cercando di dargli un’identità, senza riuscirci, e che restano, dunque, al momento ignote.

Sono state ritenute tutte «comparabili», anche se non utili per una identificazione, e con un lavoro di «esclusione» si è concluso che quelle sei impronte non sono di Sempio, di Alberto Stasi, né dei familiari della 26enne, né di Stefania Cappa, né degli amici del fratello della vittima Marco Poggi, Alessandro Biasibetti, Roberto Freddi e Mattia Capra. E’ un altro degli elementi che emerge dalla consulenza, redatta da Gianpaolo Iuliano e Nicola Caprioli, rispettivamente esperto del Ris dei carabinieri e dattiloscopista forense.

I due consulenti non hanno potuto neanche attribuire un nome alle tracce «digitali» trovate sulla superficie esterna ed interna del portone di ingresso della villetta, cinque in tutto ancora da identificare. Anche queste ritenute «comparabili», ma non utili per una identificazione e che hanno portato ad escludere, comunque, «match» con Sempio, Stasi e tutti gli altri nomi considerati, da Stefania Cappa agli amici di Marco Poggi.

Tra queste pure quella su cui si concentra dal 2020 l'attenzione degli investigatori, ossia la numero 10 repertata sulla «superficie interna del portone di ingresso sull'anta mobile». L’impronta di una presunta «mano sporca», su cui all’epoca non venne fatta «alcuna indagine biologica» per accertare se ci fosse sangue. Accertamenti genetici su questa, però, saranno effettuati nell’ambito del maxi incidente probatorio, attraverso i «paradesivi» delle tracce dattiloscopiche recuperati dai carabinieri del Nucleo investigativo di Milano.

Delle sei impronte palmari rimaste ancora ignote, tre erano state rintracciate, come la 33, sulla "parete destra della scala dove è stato rinvenuto il corpo». Altre due sulla parete sinistra e un’altra sulla «parete superiore della scala».

Gli esperti spiegano che «un frammento di impronta digitale/palmare» è comparabile quando, «sebbene non abbia tutte quelle caratteristiche necessarie per addivenire ad una piena identificazione, potrà comunque essere utilizzato in un confronto dattiloscopico con le impronte di soggetti 'noti'» per «poter escludere con certezza l’appartenenza dell’impronta 'comparabile' al soggetto stesso».

Un lavoro di esclusione, dunque, che è stato fatto su tutti e 27 i frammenti «comparabili», tra cui appunto anche quelli del muro e della porta d’ingresso. «Gli esiti ottenuti - si legge - non hanno consentito di accertare alcun 'match’ di compatibilità tra le suddette tracce e tutti i già menzionati cartellini foto-segnaletici digitali e palmari inseriti».

Intanto la difesa di Sempio, coi legali Angela Taccia e Massimo Lovati affiancati dall’ex comandante del Ris di Parma Luciano Garofano, sta valutando di affidare una propria consulenza di parte sulle impronte, tra cui quella 'centrale' per i pm, la 33.

Sull'impronta 10 i carabinieri del Nucleo investigativo di Milano in un’informativa del 2020 scrivevano che, se si fosse accertato che era sporca di sangue, si poteva dire certamente che era dell’aggressore che si allontanava dalla «scena del crimine». Quella traccia, però, si leggeva, «non ha i 16 punti utili ad una comparazione» ma ne ha «solamente otto». E non vennero effettuate analisi biologiche, che si cercherà di fare ora nel maxi incidente probatorio su tutte le tracce genetiche e sui «paradesivi delle impronte».

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