
Cresce l’interesse delle cosche per il controllo delle grandi opere pubbliche. L’allarme arriva dalla Relazione sull'attività svolta nel 2024 dalla Direzione investigativa antimafia, che vigilerà anche sugli appalti per la realizzazione del Ponte sullo Stretto, oggetto di polemica dopo l'invito del Quirinale nei giorni scorsi a non indebolire le norme contro le infiltrazioni criminali. «Siamo pronti a svolgere l’attività di prevenzione che sarà decisa dagli organi istituzionali» sull'infrastruttura. «Abbiamo già un background molto importante di esperienza, di capacità, di risorse», assicura il direttore della Dia, Michele Carbone, evidenziando come lo scorso anno siano «raddoppiati gli accessi ai cantieri», vista «l'enorme massa di risorse pubbliche» destinate al Pnrr, al Giubileo e ai Giochi olimpici Milano-Cortina 2026, oltre che all’avvio dei lavori per il Ponte. Incontro, intanto, tra il vicepremier Matteo Salvini ed il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Giuseppe Busia. Al centro proprio la contestata opera che collegherà Reggio Calabria e Messina.
«È emersa - sostiene il Mit - piena collaborazione, con la volontà di coinvolgere Anac in ogni passaggio, per garantire massima trasparenza delle procedure e dei cantieri, anche attraverso la loro piena digitalizzazione, la verifica su tutte le imprese coinvolte anche nei subappalti e la sicurezza dei lavoratori». Dalla Relazione, presentata in mattinata, emerge un "crescente interesse» delle cosche pure nella «gestione delle risorse economiche degli enti locali, come le aziende ospedaliere o i servizi di raccolta rifiuti». Non di rado, inoltre, «la vocazione economica delle consorterie» si sposa con "la determinazione di evadere il fisco da parte di alcuni titolari di imprese», che da «incolpevoli vittime dei mafiosi ne diventano in qualche modo conniventi e complici» attraverso fatture fittizie e mancate denunce di estorsioni. I clan continuano ad infiltrare i contesti economici anche al di là delle Regioni di origine: a testimoniarlo il 72% delle interdittive contro la 'ndrangheta emesse lo scorso anno fuori dalla Calabria. Si rafforzano, inoltre, le alleanze tra organizzazioni mafiose per fare affari, a partire dal riciclaggio di enormi flussi di denaro illecito. Nel documento viene ricordata «l'intesa tra Cosa nostra gelese e 'ndrangheta calabrese per la gestione del traffico di stupefacenti» e "significative sinergie per il rifornimento e la custodia di armi tra organizzazioni criminali di matrice 'ndranghetista stabilite in Piemonte e la comunità sinti». Tracciate anche le "proiezioni internazionali» delle organizzazioni criminali, che arrivano fino a New York e «saldature» tra mafie italiane e straniere. La Relazione lancia poi l’allarme sui giovani, specie quelli provenienti dai contesti marginalizzati, che risultano più esposti al rischio di coinvolgimento in attività illecite. Altra tematica cruciale le «comunicazioni» dalle carceri, con la diffusione dei cellulari negli istituti di pena. «Il problema non è più episodico - dice - ma è diventato strutturale. Occorrono interventi molto estesi e anche tecnici. Speriamo che ci sia una risposta efficace». Intanto, il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Giovanni Melillo e il presidente dell’Anm, Cesare Parodi, ascoltati in commissione Giustizia della Camera, puntano il dito contro il ddl sui sequestri digitali già approvato dal Senato. Per Melillo la norma avrebbe «un impatto disastroso», dal momento che la documentazione informatica acquisita, «non costituirebbe più prova» per numerosi delitti» e ciò comporterebbe «un pericolo concreto di arretramento dell’azione di contrasto della criminalità mafiosa»
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