
«A morte». Due parole secche, lapidarie. Compaiono in un messaggio inviato il 3 febbraio del 2024, cinque giorni prima della strage, da Sabrina Fina a Massimo Carandente. Sono nello stesso luogo, nella villetta di contrada Granatelli ad Altavilla Milicia, eppure comunicano via chat. «Guarda me, ma io sto pregando», aveva scritto la donna poco prima, lo stesso messaggio lo aveva inoltrato anche a Giovanni Barreca che in quei giorni viveva completamente soggiogato con la coppia. Poi, alle 18,32, quel messaggio «A morte» che sembra anticipare tutto l’orrore che sarebbe seguito. Sono le ore che precedono il delirio e un vortice di fanatismo e violenza .
Secondo le accuse formulate nei due procedimenti paralleli – quello principale davanti alla Corte d’Assise e quello minorile – tra il 3 e il 10 febbraio dell’anno scorso – nella casa che sorge in una zona di campagna alle porte del paese, furono uccisi Antonella Salamone, 40 anni, e i figli Kevin, 16 anni, ed Emmanuel, 5 anni. Imputati per triplice omicidio e soppressione di cadavere sono il capofamiglia Giovanni Barreca, Sabrina Fina e Massimo Carandente. La figlia dell’ex imbianchino, minorenne all’epoca dei fatti, è stata già condannata in primo grado a 12 anni e 8 mesi: il processo d’appello è fissato per dicembre. A parlare, nei giorni successivi al massacro, sono proprio gli smartphone.
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