Philip Roth ha rimesso la penna nel cassetto. Basta con i romanzi. Basta con la scrittura. Il più famoso autore vivente della letteratura americana ha deciso di chiudere con quello che per decenni è stato il suo mestiere.
"Scrivere mi è difficile. 'Nemesis' sarà il mio ultimo libro", ha confidato lo stesso Roth a una rivista francese passata sotto il radar negli Usa, parlando del suo ultimo romanzo breve, uscito nel 2010. L'intervista a Les Inrocks risale a un mese fa e solo oggi è arrivata la conferma dell'editore Houghton and Mifflin: "Philip mi ha detto che è vero", ha detto Lori Glazer, vice presidente della casa editrice. 'Nemesis' parla di fallimento e vecchiaia. Roth lo aveva ambientato in New Jersey nel periodo della seconda guerra mondiale.
All'epoca dei fatti raccontati, lo scrittore aveva undici anni: passati sessant'anni aveva ancora vivo il ricordo della tragica epidemia di poliomielite che sconvolse le vite e le psicologie di almeno due generazioni. Roth, che ha 79 anni, ha al suo attivo oltre 25 romanzi tra cui 'Goodbye, Columbus' e 'Lamento di Portnoy', opere famossissime che però non gli hanno mai fatto vincere il premio Nobel per cui più volte era stato considerato un candidato sicuro. Lo scrittore aveva invece vinto il Pulitzer per Pastorale Americana del 1997 e due National Book Award. Ma a Les Inrocks, la rivista francese, aveva confidato di aver sempre trovato difficile il suo mestiere e di aver deciso di non avere più a che fare con i libri.
Roth aveva rivelato che all'età di 74 anni aveva cominciato a rileggere tutti i suoi libri preferiti, da Ernest Hemingway a Ivan Turgenev, poi si era tuffato nelle sue creazioni riprendendole in mano in ordine crolologico inverso: "Volevo vedere se avevo sprecato tempo. Ho dedicato tutta la mia vita a scrivere sacrificando tutto il resto. Ora basta. L'idea di cercare di scrivere di nuovo è impossibile", aveva detto alla rivista francese. Determinato a godersi quel che gli resta del tempo, ma non insoddisfatto per nulla per quel che ha regalato al mondo: "Ho pensato che era piuttosto riuscito", ha detto del suo lavoro: "Alla fin della vita il pugile Joe Louis l'aveva detto: Ho fatto il meglio che potevo. Avrei detto lo stesso del mio lavoro. Ho fatto anch'io del mio meglio".
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