
I personaggi di Vittoria ne "L'eclisse" o di Giuliana ne "Il deserto rosso" (poi impersonati dalla sua musa Monica Vitti), li vedeva "come un pittore, uno scultore", mentre da regista sapeva come agivano, come si muovevano sulla scena.
Nei provini (inediti), costruiva queste sue donne partendo proprio dalla loro matericità, lavorando sugli abiti, sull'aspetto fisico, creando rimandi continui con i più diversi linguaggi espressivi, incurante delle critiche sempre in agguato. Michelangelo Antonioni, e il suo sguardo perennemente puntato sull'arte al punto di influenzarla a sua volta, è al centro di una grande mostra allestita da domani a Palazzo dei Diamanti di Ferrara, sua città natale, che lo celebra nel centenario della nascita. Intitolata 'Lo sguardo di Michelangelo. Antonioni e le arti', l'importante esposizione curata da Dominique Paini (già direttore della Cinematheque Francaise) è stata organizzata dalla Fondazione Ferrara Arte e dalle Gallerie d'Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara-Museo Michelangelo Antonioni, in collaborazione con la Cineteca di Bologna. Esposti circa 240 oggetti tra foto di scena, documenti, acquarelli, spezzoni di film, oggetti personali, affiancati alle opere degli artisti che hanno maggiormente influenzato il regista ferrarese nella sua lunga e fortunata produzione, come Rothko, Pollock, de Chirico, Morandi (con i quali in alcuni casi ha avuto scambi epistolari). Moltissimo materiale mai pubblicato prima, come pure sono inediti gli accostamenti tra film, dipinti, installazioni a testimoniare la costante attenzione di Antonioni per il valore estetico e formale dell'immagine. Ecco i provini per il trucco e i costumi di Monica Vitti che, ne 'Il deserto rosso', avrebbe dovuto impersonare Giuliana.
"E' la prima volta che vengono esposti al pubblico", dice la direttrice delle Gallerie d'Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara, Maria Luisa Pacelli. Gli scatti che ritraggono l'attrice-musa di Antonioni, prosegue la studiosa, sono particolarmente significativi se si fa riferimento ad alcuni carteggi, anch'essi in mostra. Per un analogo personaggio femminile, la Vittoria de 'L'eclissé, prosegue la Pacelli, il regista scrive agli sceneggiatori (tra cui Tonino Guerra) per spiegare come lo sta sviluppando. "Mi sono posto più come pittore, come sculture", dice Antonioni per immaginarla visivamente, mentre è il regista che sa come agirà, quali saranno gli atteggiamenti, i movimenti sulla scena. Una modalità creativa che troverà una stroncatura nella critica. Una lettera di Fortini esprime infatti l'incomprensione profonda per la pellicola premiata a Cannes nel 1962. Il critico parla infatti di un personaggio non definito dal punto di vista sociologico e dell'inconsistenza del filo narrativo.
E Antonioni ammette di non interessarsi ai retro-pensieri sulle donne, ma di avvicinarsi al personaggio come se dovesse ritrarlo con colori e pennello. Allo stesso modo, nei provini per 'Il deserto rosso', la Vitti lavora con il regista alle nevrosi di Giuliana mettendo parrucche, usando cappelli, cambiando abiti. Allo stesso modo, lo sguardo sull'arte a lui contemporanea riemerge nel film attraverso la scelta delle inquadrature. "In mostra, accanto a un'opera di Burri - sottolinea la Pacelli - abbiamo allestito dei monitor che ripropongono alcune scene, come quelle del porto, in cui la macchina da presa si sofferma su una fiancata di una nave, che sembra un cretto di Burri".
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