"Non mi piace quando dicono che i miei testi sono poesie. La poesia è ben altro e se leggi La donna cannone senza pensare alla musica, è una boiata pazzesca, non sta in piedi. Nemmeno degli autori più famosi si può leggere il testo come una cosa autonoma, nemmeno Bob Dylan che è tra quelli che amo di più". Così Francesco De Gregori in un'intervista a Repubblica in cui spiega la genesi di alcune sue canzoni. Su La donna cannone, "avevo letto in un trafiletto di un giornale locale che una 'donna cannone', principale attrazione di un piccolo circo, era fuggita per amore. Mi aveva colpito soprattutto la disperazione del circo, ora ridotto in malaparata. Una storia un po' felliniana", racconta De Gregori. "Se non sei un po' strano non fai Alice non lo sa. Nel '73 non c'entrava niente con quello che c'era: Paoli, De André, Endrigo, che erano i miei riferimenti, quelli che mi avevano fatto capire che le canzoni possono essere un veicolo non solo di banalità", prosegue il cantautore. "L'immagine di Alice che guarda i gatti appartiene a Carroll e alle illustrazioni di John Tenniel: quella bambina con gli occhi sgranati era stato il primo impatto visivo quando da piccolo lessi il libro. La verità è che venivo da un periodo in cui ero attratto da tutto ciò che nell'arte non seguiva un filo logico. Mi ero innamorato degli scrittori dadaisti, Tristan Tzara, la scrittura automatica, avevo letto Joyce, lo stream of consciousness, Freud e l'interpretazione dei sogni". "Il 'Cesare perduto nella pioggia' è Cesare Pavese. Avevo letto tutto di lui, e nella biografia c'è questo episodio di quando una sera aspettò per una notte Costance Dowling, donna bellissima, ballerina che lo illuse e poi lo lasciò", spiega De Gregori. "Alice per me è una specie di sfinge che guarda il mondo senza nessi consequenziali. Non è nemmeno chiaro se è lei la narratrice o io che scrivo. Mentre il personaggio dello sposo ha qualcosa di sicuramente autobiografico. Non perché volessi sposarmi, ma fuggire. Una fuga che era probabilmente dalla vita cui ero predestinato da studente universitario, fare l'insegnante come mia madre o il bibliotecario come mio padre. Ma forse fuggire anche dal mondo della musica per cui ero uno strano".
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