Sono ispirate al tema del mare, visto come barriera che divide e non come ponte che unisce, le tre tragedie in calendario a Siracusa dal 15 maggio al 28 giugno per il ciclo di rappresentazioni classiche organizzato dall'Inda. Sono "Le Supplici" di Eschilo, "Ifigenia in Aulide" di Euripide e "Medea" nella versione di Seneca: sono state scelte perché, di fronte ai flussi migratori e alle minacce del fondamentalismo jihadista di oggi, suggeriscono il senso di un mare che, come dice il coro di Seneca, "parte divenne delle nostre paure". Nello spirito delle tragedie siracusane il mare torna quindi a essere "straniero a tutti" e fonte di pericoli. Straniere sono infatti le Danaidi che chiedono asilo politico ad Argo perché profughe dall'Egitto e vittime di una persecuzione. Straniere sono viste anche le Calcidesi che hanno superato il mare, ma non per fuggire quanto per ammirare l'esercito acheo prima potenza mondiale. E straniera è infine Medea, che ha lasciato il Mar Nero della sua Caucasia per compiere a Corinto un atto terroristico attentando alla vita del re e della figlia. A dirigere "Le Supplici" e impersonare re Pelasgo, l'uomo che apre le porte di Argo alle Danaidi in fuga, è stato chiamato Moni Ovadia, testimone della cultura della migrazione e del confronto di civiltà. "Quella di Ovadia è stata - dice il presidente dell'Inda, Giancarlo Garozzo, anche sindaco di Siracusa - una scelta che rappresentare il nostro tempo e i nostri drammi". Altro tema che lega le tre tragedie è l'esercizio del potere. "Pelasgo, Agamennone e Creonte - dice il sovrintendente dell'Inda Gioacchino Lanza Tomasi - sono metafora della caducità del potere e ci ricordano le primavere arabe, presagendo la vulnerabilità dei sistemi politici e della condizione umana".