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Antonio Canova
all'origine del mito

Dallo schizzo iniziale al bozzetto in terracotta, dalla statua in argilla fino al modello in gesso e quindi al marmo, il processo creativo di Antonio Canova sarà al centro di una grande mostra allestita dal 13 giugno all'11 ottobre ad Aosta, negli spazi del Centro Saint-Benin. Esposte oltre 60 opere, tra cui anche le bellissime tempere, che il grande scultore neo-classico realizzava soprattutto nella natia Possagno (Treviso), dove fece ritorno anche in seguito all'occupazione napoleonica di Roma, capolavori rimasti per secoli nella collezione di famiglia come i meravigliosi gessi della Gipsoteca. E' appunto in virtù della significativa collaborazione tra la Fondazione Canova di Possagno e la Soprintendenza per i Beni e le attività culturali della Valle d'Aosta, che per la prima volta una selezione importante delle opere del maestro veneto arriva nel capoluogo aostano per illustrare la straordinaria genialità dell'artista che fece rivivere nell'arte la bellezza dell'antica statuaria greca e i temi della mitologia classica. A tal fine, la rassegna 'Antonio Canova. All'origine del mito' riunirà preziosi gessi, alcuni marmi, acqueforti, dipinti a tempera e olii provenienti dalla Fondazione Canova, vale a dire una vasta panoramica delle tecniche superbamente usate dal maestro, tra i più venerati del suo tempo. In particolare, l'esposizione, curata dal direttore del Museo Gipsoteca di Possagno Mario Guderzo e dallo studioso Giancarlo Cunial, costituirà l'occasione unica per ammirare un nucleo consistente di gessi, alcuni dei quali pezzi unici, in quanto non esistono più gli splendidi originali in marmo, andati perduti. I gessi custoditi nella famosa Gipsoteca Canova, giunsero a Possagno, paese natale dell'artista, negli anni 1829-30, provenienti dallo studio romano dello scultore per volontà del fratello Giovanni Battista Sartori Canova. Essi costituiscono un punto nodale, insieme agli schizzi e ai bozzetti in terracotta per comprendere in pieno un percorso creativo, tutt'altro che estemporaneo, bensì gravoso e molto complesso. Le statue di Antonio Canova non nascevano quasi mai dalla lavorazione diretta e intuitiva del marmo, ma scaturivano da un metodico e precisissimo studio che partiva dal disegno. Il modello in gesso veniva quindi realizzato con una colata su un 'negativo'ricavato proprio dall'opera in argilla, messa a punto in base al bozzetto. Nel gesso venivano applicati i cosiddetti 'repere', chiodini di bronzo (tuttora visibili nelle statue di Possagno), che consentivano, grazie a un apposito pantografo, di trasferire le misure e le proporzioni del gesso nel marmo. Alla pittura, in nessun caso funzionale alla scultura, si dedicò soprattutto nei ritiri a Possagno (in particolare i due anni dell'occupazione di Roma), quando gli mancava la materia prima per le sue opere monumentali. In merito a queste numerose tempere, nelle quali infondeva un'infinita grazia e, al tempo stesso, una leggerezza ed emotività sconosciute alla produzione plastica, Canova confidava infatti che le dipingeva solo per sé, quasi volendole nascondere al pubblico. Il momento esclusivamente privato dell'ispirazione di un genio.

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