Mercoledì 25 Dicembre 2024

Sebastiano Lo Monaco:
Un’Ifigenia molto “classica”

di Vincenzo Bonaventura

Il teatro greco di Siracusa per Sebastiano Lo Monaco, quasi 57 anni, nato a Floridia, è una sorta di casa ideale, umana e professionale. Attore teatrale di collaudato successo, in questi giorni è nella sua “casa” per “Ifigenia in Aulide” di Euripide che, con la regia di Federico Tiezzi, ha debuttato con successo nell’ambito del 51. ciclo di rappresentazioni classiche. Lo Monaco è Agamennone, mentre il ruolo di Ifigenia è affidato a Lucia Lavia. A Lo Monaco abbiamo rivolto alcune domande.

Che cosa rappresenta per lei l’appuntamento che si rinnova con Siracusa?

«Qui tornerei sempre più spesso e adesso posso farlo con la consapevolezza e l’esperienza legate all’età. Il teatro di Pirandello e quello classico sono il mio pane di palcoscenico. Con questa sono otto le mie presenze a Siracusa. Inoltre, posso stare vicino ai miei genitori che, ormai anziani, sono diventati un po’ figli».

Quest’anno lei è Agamennone alle prese con un’Ifigenia immaginata come jihadista. È la prima volta che lavora con Tiezzi. Come si trova?

«Sì, lo so, molti pensano che il mondo teatrale di Tiezzi sia inconciliabile con il mio, invece questa esperienza è molto interessante e procede in un clima di grande collaborazione. Non conoscevo personalmente questo regista, quindi mi sono meravigliato quando è venuto a Firenze a vedermi recitare un testo di Peppino De Filippo, raggiungendomi poi in camerino. E poi è tornato quando ero sul palcoscenico del Piccolo di Milano e mi ha invitato a cena per propormi il ruolo di Agamennone. Così ho scoperto di aver fatto due provini senza saperlo. In realtà la sua regia è molto classica senza particolari attualizzazioni. Lo jiadhismo è indicato solo come lo stato d’animo interiore di una ragazza che accetta il sacrificio credendo nelle sue implicazioni patriottiche».

Lei ha lavorato in teatro anche come regista: vorrebbe dirigere una tragedia a Siracusa? E quale sceglierebbe?

«Questo è un sogno che non oso neppure confessare. Lo coltivo nella mente e nel cuore. Per me che sono nato qui è tutto più difficile. Però quest’aria e questa cultura mi fanno credere in alcune idee. Come, per esempio, un “Edipo re” (che a Siracusa ho interpretato con la regia di Guicciardini) con una lettura antropologica, mediterranea. Senza enfasi e senza elmi e spade».

Lei ha messo in scena due testi di Pietro Grasso, presidente del Senato. Come è nata questa collaborazione?

«Tutto è cominciato proprio a Siracusa. Grasso, che allora non era neppure procuratore nazionale antimafia, mi vide recitare nel 2004 “Edipo re”. Venne in camerino e mi disse: “Unn’era lei?”. Pur frequentando i teatri non mi conosceva. Ci siamo poi incontrati più volte e mentre eravamo insieme, da spettatori, nella cavea di Siracusa, parlai con entusiasmo del suo libro “Per non morire di mafia” e gli chiesi di farlo diventare un monologo. La conseguenza? Una tragedia contemporanea sulle lotte dell’uomo perbene che ha già avuto oltre 300 repliche. Poi c’è stata la riduzione teatrale (firmata da Francesco Niccolini) del romanzo “Liberi tutti”, con il titolo “Dopo il silenzio”».

Lei ha lavorato a lungo con due famose “grandi vecchie” del teatro italiano: Paola Borboni e Alida Valli. Che cosa le hanno lasciato in eredità?

«Che donne! Soprattutto mi hanno insegnato il grande coraggio, quello che ci vuole oggi per continuare a far teatro, L’attore è diventato l’ultima ruota del carro, un oggetto da collocare dove e se serve; quindi è diventato un questuante. Mi creda, non è questione di umiltà, quella non mi manca».

Lei è stato anche direttore artistico dell’Ente Teatro di Messina e ha finito il mandato tra qualche polemica. Tutto dimenticato?

«Ricordo solo le tante cose belle. Spettacoli come “Medea” di Euripide, con la traduzione di Emilio Isgrò, e “Uno sguardo dal ponte” con la regia di Patroni Griffi».

Che cosa sta preparando di nuovo, dopo gli spettacoli a Siracusa?

«I tempi costringono tutti a ridimensionarsi. Riprenderò gli spettacoli di Grasso e sto avviando la messinscena di due romanzi di Valerio Massimo Manfredi: “Il giuramento” e “Il ritorno”. Diventeranno un unico spettacolo dal titolo “Il mio nome è Nessuno – L’Ulisse di Valerio Massimo Manfredi”. E io naturalmente sarò Ulisse».

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La tragedia

“Ifigenia in Aulide” di Euripide, nella traduzione del prof. Giulio Guidorizzi, è diretta da Federico Tiezzi. Ifigenia à Lucia Lavia, Clitemnestra è Elena Ghiaurov, Agamennone è Sebastiano Lo Monaco, Menelao Francesco Colella, Achille Raffaele Esposito, il vecchio Gianni Salvo, l’araldo Turi Moricca.

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Foto: Franca Centaro

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