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Richard Gere,
da divo a guru

18//06/2015

di Franco Cicero

TAORMINA

«È la mia seconda volta in Sicilia. La prima fu 15 anni fa, a Palermo, quando incontrai il Dalai Lama». A parlare, sommerso dall’entusiasmo dei fan, è Richard Gere, il divo più atteso del 61. Taormina FilmFest. Affascinante col suo sguardo intenso, i capelli candidi e la voce profonda, Gere stavolta ha intenzione di conoscere meglio la Sicilia: ha già visitato Ortigia e si tratterrà ancora qualche altro giorno. Al FilmFest ha dapprima tenuto un’intensa e affollatissima “TaoClass” e poi ha risposto alle domande dei giornalisti, tenendo soprattutto a dimostrare con sincerità quanto la sua vita sia intimamente cambiata dopo la conoscenza del Dalai Lama.

«Le vere cose importanti della vita – afferma il 65enne attore – non sono il successo oppure Hollywood. Tutto ciò è semplicemente il proprio lavoro. È importante invece sapere guardare dentro di sé, saper entrare in sintonia con gli altri e riscoprire la propria interiorità». Sembra facile parlar così per uno degli interpreti più popolari al mondo. Ogni volta che, ad esempio, “Pretty Woman” viene replicato in tv, nonostante sia l’ennesima volta, fa sempre record di audience. Ma Gere sorride, ha la dimostrazione pronta, verificata proprio in uno dei suoi ultimi film, una piccola produzione indipendente, “Time out of mind” di Oren Moverman (che è stato proposto a Taormina), in cui interpreta un barbone: «Nel film ho i capelli lunghi, la barba incolta, sono un homeless. Truccato in questo modo, durante la lavorazione del film non mi riconosceva nessuno, nessuno mi chiedeva un autografo o di fare un selfie. È la dimostrazione che tutto il resto è pura e semplice illusione, una fabbrica di sogni per tanta gente, ma per me, ripeto, è semplicemente lavoro».

Tuttavia Gere certamente non dimentica i film degli esordi, non ancora successi trascinanti, ma di sicuro titoli importanti. «Recitavo a teatro – ricorda – anche in piccole compagnie, un periodo formativo molto importante. Poi, dopo alcune apparizioni come in “In cerca di mr. Goodbar”, ho avuto ruoli da protagonista in tre film: “I giorni del cielo” di Malick, “Una strada chiamata domani” di Mulligan e “Yankees” di Schlesinger. E arrivando a New York ho scoperto che nei principali cinema della città erano tutti e tre in programmazione contemporaneamente. E lì ho capito che era un punto di svolta per me».

Da qualche anno Gere ama sostenere i film a budget limitato, lontani dallo star-system. Alcuni ancora non sono usciti in Italia. Ma è di questi che l’attore vuol parlare, più che dei campioni d’incasso che gli hanno dato la fama, come “American gigolo” o “Ufficiale e gentiluomo”. Ad esempio “Franny” di Andrei Renzi, o il film che sta finendo di girare, “Oppenheimer strategies” di Joseph Cedar, un altro esempio – spiega Gere – di come si possa avere l’illusione che la propria esistenza possa cambiare per eventi “esteriori”. È la storia, infatti, di un uomo che ha un radicale cambiamento di vita perché il suo migliore amico diventa un importante leader a livello mondiale. «C’è un desiderio di partecipare ai grandi avvenimenti ma – ripete Gere - non bisogna mai dimenticare che le più importanti rivoluzioni avvengono dentro di noi».

È il pretesto per parlare anche dell’attualità, dei grandi problemi che affliggono il mondo, sui quali Gere è informatissimo. A partire dall’immigrazione: «È un vero problema. E voi in Sicilia siete al centro del problema dei migranti, che fuggono dalla povertà e dalle guerre. Ed è un dovere di tutti offrire loro casa e sicurezza. È un problema dell'Europa ma anche gli Stati Uniti dovrebbero essere coinvolti. Ormai viviamo in un mondo globalizzato e anche quel che succede in Africa ci riguarda, è un problema di tutti».

Gere s’intristisce ancor più quando si parla di Isis: «È un orrore, non riesco a trovare altre parole – lunga pausa di silenzio riflessivo – dai tempi delle tragedie in Bosnia non si vedeva un orrore simile». In ogni caso, Gere resta pur sempre un divo amatissimo. Occorre la domanda di un bambino per ricordarlo nuovamente, una curiosità su uno di quei film in cui Gere incarna in maniera impareggiabile un ruolo romantico, “Shall we dance?”. E, per coincidenza, l’altra protagonista del film è Susan Sarandon, che sarà protagonista domani del Taormina FilmFest. «Sì – sorride Gere – ci siamo incontrati a colazione con Susan nell’Hotel San Domenico, una piacevole sorpresa». Il bambino l’ha da poco visto in televisione e vuol sapere se è davvero Gere a ballare. «Oh sì - risponde l’attore – ogni singolo passo di danza che vedete nel film è mio. Sono stato molte settimane impegnato a imparare per bene, ma ce l’ho fatta». E si congeda con uno dei suoi proverbiali sorrisi, non prima di aver finito di sorseggiare l’ennesimo tè: «Bevo tantissimo tè – dice –: fa star bene e fa rinsaldare le amicizie». Parola di guru.

Ma persino la sua assoluta compostezza zen ha ceduto ieri sera, quando, durante la cerimonia al Teatro Antico, l’attore ha avuto l’idea di dire: «Vorrei fare una foto con tutte le donne presenti». In centinaia l’hanno preso in parola, invadendo letteralmente il palcoscenico, per la gioia dei fotografi e il raccapriccio del servizio d’ordine. Ma un guru sex symbol può fare anche questo.

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