Una spettrografia dei sentimenti è il nucleo del nuovo, cristallino, film di Giuseppe Tornatore. La terminologia astronomica è pertinente perché entrambi i protagonisti hanno a che fare con l’astrofisica. Ed Phoerum è, infatti, uno stimato docente universitario della materia e da sei anni ama appassionatamente Amy Ryan, una studentessa rimasta affascinata da una sua conferenza, che per mantenersi agli studi mette a frutto le proprie capacità fisiche lavorando come controfigura (stunt woman) nelle scene più pericolose dei film d’azione. Per questo lui la chiama affettuosamente “kamikaze” e lei ricambia col nomignolo “stregone”.
Il loro è un amore travolgente, ma clandestino perché Ed è sposato e non ha intenzione di lasciare la famiglia, né Amy glielo chiede. Sono, quindi, destinati a vivere la loro intensa relazione molto spesso a distanza, approfittando di tutte le variegate forme di connessione offerte dalle nuove tecnologie: sms, whatsapp, skype. Senza trascurare strumenti “tradizionali”, come il telefono o perfino l’“antica” posta cartacea. Li conosciamo subito, all’inizio del film, durante uno dei loro rari incontri in un usuale albergo da amanti. Nulla lascia presagire che non si incontreranno più. Sembra soltanto uno dei tanti forzati periodi di lontananza a cui devono sottoporsi. Amy continua a dividersi tra le scene rocambolesche sul set e gli studi universitari, confortata dalla “presenza” di Ed, che non le fa mai mancare puntuali messaggini o missive o regali.
Si percepisce tuttavia che qualcosa non va. E la motivazione c’è, ma non può essere rivelata per non guastare la sorpresa a chi ancora non ha visto il film. Fatto sta che da questo momento le azioni reali saranno soltanto quelle di Amy, mentre Ed apparirà esclusivamente per via telematica.
Scegliendo come titolo “La corrispondenza” Tornatore ha voluto giostrare con la gamma dei significati lessicali. Può infatti alludere al rapporto epistolare (pure telematico) o di comunicazione in genere. Ma anche alla “corrispondenza d’amorosi sensi”. Tuttavia quanto può essere eterno un amore? E cosa si intende per eternità? Sono interrogativi che da sempre hanno arrovellato le menti di artisti e intellettuali. E sono alla base del soggetto ideato da Tornatore che prende spunto da una precisa valenza metaforica, scaturita da una diffusa nozione di astrofisica: tante stelle che ci appaiono, adesso, più brillanti, in realtà ormai non ci sono più. O meglio, pur se la velocità della luce è qualcosa di strabiliante, deve comunque impiegare una enorme quantità di tempo per percorrere distanze imponenti e arrivare fino al nostro pianeta.
Tuttavia, in questo caso, la scienza non è spoetizzante. E le stelle continueranno ancora a lungo a essere un simbolo d’amore. È la linea portante, sottotraccia, della sceneggiatura dello stesso Tornatore, che è eccellente nel saper trasmettere fin dalle prime battute l’impetuosità dell’amore tra i due protagonisti, al di là di ogni giudizio morale. Si segue poi con naturalezza l’evoluzione della ragazza protagonista: la sua traumatica scoperta di sentirsi sola, la sua “indagine” per capire i motivi dell’allontanamento di Ed, ma al tempo stesso la rassicurazione di poterlo ancora vedere e sentire ed essere ancora sorpresa da lui.
Sul piano narrativo “La corrispondenza” è complementare al precedente “La migliore offerta”, dove era spesso il protagonista maschile da solo in scena, “guidato” dalla voce al telefono della coprotagonista. Qui invece il percorso catartico è proprio di Amy: lei è ancora molto giovane, sta formando la propria vita, ha tante decisioni da prendere, ha qualche evento nel suo passato da rielaborare. È lei, dunque, destinata a completare la propria formazione nel corso del film. E all’interno della produzione di Tornatore diventa il terzo personaggio femminile centrale, dopo “Malèna” e “La sconosciuta”. Al professor Phoerum spetta il compito, non da poco, di corrispondere l’amore, ma contemporaneamente, e soprattutto, di essere una guida, un maestro di vita, pur a distanza. A lui Tornatore fa pronunciare frasi d’amore di estrema emozione, rivelatrici di un romanticismo per nulla intaccato dall’avanzare della tecnologia.
L’operazione riesce grazie anche alla maiuscola prova interpretativa dei due attori che dominano il film (per la versione italiana vanno lodati anche i doppiatori Luca Ward e Benedetta Degli Innocenti). Jeremy Irons, affascinante e raffinato come sempre, sebbene “costretto” ad apparire quasi sempre sul monitor di un computer, aggiunge stavolta un tocco di sobria malinconia nel portare il fardello del distacco.
Sorprende di più, perché finora meno nota, Olga Kurylenko, singolare bellezza ucraina di nascita e naturalizzata francese, notata come “Bond girl” in “Quantum of Solace”.
Non è retorico affermare che ha dato tutta se stessa, chiamata a riempire lo schermo con lunghi primi piani commoventi e al tempo stesso a cimentarsi in scene d’azione da controfigura e, infine, anche a “prestare” il proprio corpo per far realizzare un calco di gesso.
Una scena utilizzata da Tornatore per esprimere il concetto che talvolta un’imperfezione, derivante dall’emotività, può rendere un’opera d’arte più significativa.
L’impeccabile direzione degli attori farebbe pensare a un film “teatrale”. Invece, come già nel caso di “Una pura formalità”, la regia di Tornatore assicura la piena qualità cinematografica, dando respiro alle immagini anche nelle sequenze negli spazi chiusi, sfruttando gli esterni lontanissimi dalla luminosità della “tetralogia” (“Nuovo cinema Paradiso”, “L’uomo delle stelle”, “Malèna” e “Baarìa”, più l’inizio e la fine di “Stanno tutti bene”) siciliana (il film è stato girato a Edimburgo, York, in Trentino-Alto Adige e sul lago d’Orta in Piemonte), ma eleganti nella loro umbratilità (l’ottima fotografia è di Fabio Zamarion, già sui set di “La sconosciuta” e “La migliore offerta”), rendendo significative le “incursioni” anche di una foglia portata dal vento o dell’espressività di un cane (l’efficace montaggio è di Massimo Quaglia, accanto al regista siciliano fin dall’“Uomo delle stelle”) e collaborando, come sempre, a strettissimo contatto col maestro Ennio Morricone, eccellente nel saper cogliere la dimensione interiore, richiesta stavolta, con la composizione di una tessitura musicale dall’eterea impalpabilità, orchestrata con sapienza e delicatezza.
“La corrispondenza” è l’undicesimo (e mezzo, con l’episodio “Il cane blu”) film nella trentennale carriera di Tornatore e si incastona perfettamente nella cifra stilistica del regista premio Oscar. Riappare, infatti, il tema della persistenza della memoria affidata a un supporto che possa oltrepassare il tempo presente: la pellicola con i baci di “Nuovo cinema Paradiso”, il disco inciso della “Leggenda del pianista sull’oceano” e adesso i moderni dvd e file telematici.
Si aggiunge, in particolare, una nuova figura – quella di Amy Ryan – alla ragguardevole galleria (già più volte evidenziata) di eroi destinati alla “i-solitudine” (isole destinate alla solitudine), chiamati ad affrontare complesse vicissitudini interiori, sempre all’insegna di un’incessante necessità d’amore. E stavolta Tornatore, lo “spudorato raccontatore di emozioni”, si è spinto fin dentro l’insondabile galassia dell’anima. E oltre.