“Puntiamo a diventare la prima forza del Paese”: e in 24 ore hanno già decine e decine di circoli territoriali aperti e attivi, una messe di follower su Twitter che cresce di minuto in minuto (nel momento in cui scriviamo siamo a quota 20mila), una decina di mozioni congressuali e la data per le primarie (il 29 aprile). Ovviamente esiste già un gruppo di scissionisti, ma dialoganti e composti nel loro ruolo di “necessaria dialettica”. Il sogno di qualunque schieramento, di qualunque partito, di qualunque movimento. Di qualunque sinistra, anche.
Dove non sono riusciti Renzi o D'Alema, Speranza o Civati, ci sono riusciti loro, i creatori di “Gazebo”, striscia quotidiana in onda su Rai3 dal lunedì al venerdì alle 20.10 (ma con “speciali” periodici più lunghi), il programma più singolare dell'intera Rai, forte, alla quinta stagione, di un'audience quotidiana che si attesta stabilmente attorno a 1 milione e seicentomila spettatori, facendone un punto di forza del palinsesto.
Diego Bianchi detto Zoro, Marco Dambrosio detto Makkox, Marco Damilano detto “spiegone”, Andrea Salerno e Antonio Sofi, a cui si deve aggiungere Mirko Matteucci “Missouri 4”, da anni fanno non solo la satira più intelligente, divertente e seria del Paese, con le loro “social top ten” o i “tutorial” (esempio: teoria e pratica delle scissioni della sinistra), ma spesso scrivono pagine d'informazione ammirevoli per l'originalità del punto di vista e l'empatia dell'approccio: i loro reportage dai campi di Idomeni o dalla rotta balcanica dei migranti, così come dalle zone del terremoto (e persino, due anni fa, da “Messina senz'acqua”, nei giorni d'emergenza rubinetti che quaggiù patimmo) sono un esempio di come si possa essere del tutto fuori dal circo mediatico e incarnare appieno lo spirito di servizio pubblico.
E probabilmente nemmeno loro s'aspettavano lo tsunami virtuale che hanno scatenato: il “Movimento Arturo”, nato tra le matite di Makkox – che è una specie di Michelangelo della satira – per sfottere le serissime scissioni e i loro prodotti molecolari, è nato sul serio (dopotutto, le migliori invenzioni sono quasi sempre involontarie). L'idea, lanciata nella puntata di martedì, era di vedere quanto ci sarebbe voluto ad “Arturo” per battere, in numero di follower su Twitter, il neonato Movimento Democratico e Progressista (quello degli “scissionisti”, appunto). Ebbene, ci sono voluti esattamente 37 minuti e 18 secondi per stracciare i follower del DemoPro (che, per inciso, sono ancora fermi a 7735). Ma non era finita qui: come dei dottori Frankenstein della politica o della social-televisione, i nostri di Gazebo hanno assistito, senza quasi credere ai loro occhi, ad... Arturo che prendeva vita, con circoli costituiti a pioggia in tutta Italia (e fuori): dalle Alpi alle Piramidi, da Lampedusa al Po. Parola d'ordine: allo sfacelo della politica rispondiamo con l'arturizzazione del web. Je suis Arturo, e affermo, con il potere del surrealismo magico consentito dalla Rete, che esisto e vi prendo in giro, voi che ogni giorno mortificate e frustrate la mia creatività, la mia ironia, la mia voglia di partecipare.
E giù fotomontaggi, hashtag e slogan (tra i più belli “uno vale Arturo” e “più Arturo per tutti”), proposte di comitati centrali, congressi e primarie, in una gigantesca, esplosiva parodia di quello che partiti e forze politiche ci stanno facendo vedere da molti anni.
Inutile dire che, in questo gigantesco gioco di rovesciamento di stereotipi e affermazione di energie creative del tutto invisibili nel gioco e del dibattito pubblico, il Sud ha fatto una parte eccellente: da subito i circoli di Movimento Arturo Catanzaro, Crotone, Vibo, ma anche un Movimento Arturo dello Stretto (che ha twittato “Non vogliamo il Ponte, vogliamo Arturo sullo Stretto!”), gemellato coi tanti altri Arturo siciliani (@Arturosiculo di Palermo primo fra tutti), hanno animato la scena, assieme a quelli che spuntavano ovunque, lanciando sondaggi e temi – molto divertenti ed efficaci Arturo Varese e il sorprendente e straordinariamente combattivo Arturo Cave (comune romano) – facendo il verso alla politica ma con quell'autoironia lieve e acuta che resta il maggior pregio della Rete e fa davvero da contraltare agli haters e ai seminatori di odio e violenza a mezzo web.
Esiste, dunque, un'Italia piena di talento e ironia, che trova ben pochi interlocutori nei Palazzi e, diciamocelo, anche sui media (che, a parte cannibalizzare il meglio del web spontaneo davvero offrono poco): uno dei meriti di Gazebo è di averle dato voce. E un nome: Arturo.