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La moda tra istinto e passione

La moda tra istinto e passione

Dietro un’apparente personalità pacata si nasconde la fervida immaginazione d’un genio creativo che porta il nome di Marco De Vincenzo. Un orgoglio meridionale, che è riuscito a superare tutti gli ostacoli fino a primeggiare nel mondo dell’alta moda.

Marco De Vincenzo, messinese classe ’78 , si diploma al liceo classico e a 18 anni approda a Roma dove studia moda all’Istituto Europeo di Design: la sua nuova casa è la maison Fendi. Silvia Venturini Fendi lo nota tra tanti e gli offre un posto come designer di accessori; da lì iniziano ad aprirsi le porte di un mondo non esattamente facile e accessibile a tutti. Fino al suo proprio brand, poi acquistato dalla grande società francese LVMH nel 2014. Tra frange incasellate in motivi geometrici, colori impressionisti, pellicce dissacrate da stampe naif va trovato il giusto modo per scoprire il mondo di De Vincenzo.

Molti hanno tentato di incasellare la personalità dello stilista peloritano, che però volontariamente si rende enigmatico ed evanescente: «Sono uno sperimentatore e mi annoio facilmente delle cose che ho già fatto e mi prendo il rischio di cambiare direzione netta». Solo chi lo conosce da tempo riesce, forse, a prevedere le mosse della sua prossima collezione («Le mie ossessioni mi accompagnano nel percorso della mia vita»), ma il fil rouge che lega Marco al suo lavoro è l’istinto. È infatti proprio l’istinto che lo porta a unire l’eclettismo e la passione che adotta nella sua quotidianità al suo lavoro: «La mia moda è svincolata dal rincorrere e consolidare un unico stile. Adoro che la gente venga al mio show e prima della passerella abbia quei 5 minuti di buio dove ci si chiede: cosa avrà fatto?».

Sono pochi i suoi punti fermi nel mondo della moda, Prada resta su tutti uno dei suoi brand preferiti: adora i voli pindarici e Prada li incarna a pieno mostrandosi ora anni ’70 ora total black con tessuti tecnici. Nonostante ami le rimescolanze di energie dettate dal fenomeno del momento, il progetto di De Vincenzo vuole essere di lungo termine, non si affida all’esplosione di un attimo e alla morte subitanea, come capita spesso.

Il cammino per uno stilista emergente non è facile soprattutto oggi: «Da Messina al mondo, serve farsi le ossa giorno dopo giorno. Pensavo servisse solo forza di volontà, dedizione e voglia, ma non è vero – sottolinea Marco -: invece serve essere appassionati».

Nella storia De Vincenzo trova se stesso: sostiene la connessione tra individui apparentemente diversi che riescono ad avere produzioni simili. Il tutto lo riconduce alla sensibilità che in un determinato periodo si può avere. Spesso infatti ama riportare anni passati nelle sue creazioni: «Attingo dalla storia per migliorarmi; anche se tentato dal copiare ciò che sembra perfetto, faccio in modo di prendere solo degli spunti, che questi vengano da un mercatino dell’usato o dalla storia non importa. Tempo fa ritrovai dei disegni di quando ero molto piccolo e mi son stupito nel riscontrare creazioni che avrei potuto produrre oggi, come gli accostamenti cromatici, che risultano una delle mie ossessioni dal punto di vista creativo».

Il suo marchio debutta a Parigi nel 2009 in una sfilata fuori calendario, con pochissime persone presenti, ma giuste: «Il giorno dopo le prime recensioni positive che innescano in me una grande fiducia. È stato difficile uscire da me stesso e darmi in pasto agli altri, ogni forma di creatività è molto intima e non è facile condividerla». Da lì il concorso di Vogue Italia “Who is on next” con Franca Sozzani come direttrice, che è stata una delle poche che ha subito creduto in De Vincenzo, incoraggiandolo a uscire dal nido di dipendente felice da Fendi e lanciare il proprio marchio. Ha finanziato da sé per i primi 3 anni il suo marchio e si è anche indebitato per credere in un sogno.

Dopo esser stato preso da LVMH, per Marco il sogno americano si realizza tramite una delle esponenti più importanti: Anna Wintour che lo ha aiutato a costruire un business in America, perché crede in lui, e ha smosso il torpore dell’ambiente italiano, invitando il mondo del fashion system a guardare i giovani talenti che sono presenti nel Belpaese, che non sempre ha le qualità giuste per notare l’oro che possiede. È stata quindi la sinergia di diverse forze che gli ha permesso di esplodere: «La sola creatività non basta - spiega De Vincenzo -. Va supportata da un team di esperti che permette di credere in se stessi e soprattutto ti aiuta economicamente a far fronte alle sfide quotidiane».

Ci sono stati momenti bui nella sua carriera dove tutto sembrava perso, Marco ha perfino meditato di chiudere e rinunciare a tutto. Ma l’incontro col colosso francese LVMH gli ha permesso di resistere e di divenire uno degli stilisti più apprezzati del panorama internazionale: «Spesso le persone creative sono fragili, ne conosco tante, per la fragilità, la troppa timidezza, l’introspezione. La moda non ha tempo per conoscerti, magari dietro c’è un mondo, ma il mondo della moda va troppo veloce per pensare a te. Consiglio alle nuove leve di conoscersi a fondo prima di intraprendere una carriera simile, farsi le ossa e vedere quali sono i propri limiti. Se si resiste e si hanno delle spalle forti, allora la carriera nella moda la consiglio, ma senza farsi ingannare da ciò che è luccicante: è un lavoro quotidiano, ogni giorno bisogna costruire qualcosa. L’autenticità prima di tutto; e sentire se stessi. Lavorare a collezioni che risentono parecchio dei consigli e delle idee degli altri significa annullare se stessi».

Nell’epoca della tecnologia e del virtuale dove tutto viaggia super veloce nei social, nel mondo dell’immagine svetta Instagram. E Marco ci svela di proiettare lì quella che probabilmente è la sua visione naif del mondo che si trasforma esattamente nella chiave primitiva della sua arte, che troverà massima realizzazione nelle sue sfilate. «La mia osservazione della realtà in maniera funzionale è esattamente visibile nelle mie Instagram stories. Quello è un modo infantile di guardare la realtà, ma è molto simbolico del mio modo di essere: nel ricciolo di un capitello io ci ho visto il mio ricamo, la mia scollatura, il mio cappello. È un modo mio di approcciare ciò che vedo per poi trasformarlo nella mia moda. Sono molto spontaneo e istintivo, non sto ore sui libri a cercare la giusta tonalità di rosa».

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